Metodo Draghi
Metodo Draghi Prima si fa, poi si parla. Si condensa in queste poche parole il nuovo stile imposto dal presidente del Consiglio, Mario Draghi. Si tratta di un metodo inedito per la politica italiana degli ultimi 30 anni, cui molti non sono abituati. Su questo terreno alcuni commentatori cercano di fare le pulci al primo ministro
Prima si fa, poi si parla. Si condensa in queste poche parole il nuovo stile imposto dal presidente del Consiglio, Mario Draghi. Si tratta di un metodo inedito per la politica italiana degli ultimi 30 anni, cui molti non sono abituati. Su questo terreno alcuni commentatori cercano di fare le pulci al primo ministro.
A qualcuno, pochi per la verità, Draghi proprio non piace. Diversi tra questi l’hanno scritto a chiare lettere la scorsa settimana, dopo che il premier non è apparso in conferenza stampa per annunciare ai giornalisti il provvedimento con il quale è stato esteso il Green pass per tutti i lavoratori dal prossimo 15 ottobre.
Draghi lascia campo ai suoi ministri. Li fa intervenire sulle materie di loro competenza. Lui si limita a poche chiare parole, quando lo ritiene opportuno. Non fa proclami. Pare persino snob, nella sua essenzialità.
Ha imparato, nei lunghi anni trascorsi nelle maggiori istituzioni nazionali, europee e mondiali, che le parole possono essere pesanti. Le sa misurare e le sa utilizzare. Quelle che pronuncia hanno valore e, soprattutto, corrispondono ai fatti.
Il messaggio per tutti noi è chiarissimo: in questo Paese ora c’è tantissimo da fare e da ricostruire. Non ci si può perdere in chiacchiere.
Tutti conoscono molto bene la posta in gioco. I primi fondi del Pnrr sono arrivati e l’Italia è chiamata a mantenere fede agli impegni presi per fare comprendere agli scettici Paesi europei che a queste latitudini la musica è cambiata e il direttore d’orchestra pure. La politica dei partiti rimane arroccata sulle quotidiane dichiarazioni rilasciate al Tg1 che rende il notiziario della rete ammiraglia della Rai una stucchevole passarella che sa di vecchio.
I silenzi del presidente del Consiglio, e la sua autorevolezza a livello internazionale, conquistata in tanti anni di oculata gestione e di sana amministrazione rappresentano oggi la benzina nel motore del sostegno al governo. Un sostegno più della gente che non delle segreterie dei partiti che pure lo appoggiano in larghissima maggioranza.
Draghi piace ai più, anche per come sta affrontando la pandemia e l’uscita da essa. I dati della produzione industriale indicano una crescita fortissima, oltre le attese. La fiducia è palpabile, anche se non mancano le critiche. Il lavoro prevale sulle contese di bottega e l’interesse generale, con un pensiero forte per i giovani, stanno davanti a tutto. E i più ormai se ne sono accorti. Finalmente.