Neppure come Tommaso?
Neppure come Tommaso? Noi che facciamo, siamo anche noi come Tommaso? Credenti o increduli fino alla fine? Come ci comportiamo davanti alla straordinarietà della Pasqua appena vissuta? Cristo morto e risorto è vivo per noi? In che maniera incide nella nostra vita?
“Mio Signore e mio Dio”. È la frase pronunciata da san Tommaso nel vedere il Signore in carne e ossa. Quando Gesù gli si para davanti e gli dice di mettere le dita nei fori procurati dai chiodi e di inserire la mano nello squarcio del costato, all’apostolo incredulo non rimane altro che un grande atto di riconoscimento. In quel momento comprende chi gli sta davanti e, in un gesto che è insieme di scusa e di adorazione, gli dice “Mio Signore e mio Dio”.
Prendo spunto dal Vangelo dell’ottava di Pasqua non tanto per la frase appena riportata e neppure per l’arcinota cocciutaggine nel non voler credere al racconto degli amici da parte di Tommaso. Abbiamo ascoltato il brano tratto da Giovanni infinite volte e in molte occasioni ci siamo chiesti perché l’apostolo non avesse creduto a quanto narrato da chi stava con lui. Come mai? Perché così restio? Per quale motivo rimanere così freddi e refrattari davanti a una testimonianza tanto sconvolgente? Le stesse domande me le sono poste lungo gli anni.
Domenica scorsa, invece, ho colto nei versetti dell’evangelista un’altra frase che nelle precedenti occasioni avevo sottovalutato nella sua notevole portata. “Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro – annota Giovanni -. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Il lettore si chiederà cosa ho trovato in questi versetti di così straordinario.
Il sacerdote che ha spiegato le letture ha messo l’accento sul gesto compiuto da Tommaso. Dopo aver compreso e visto ha creduto, senza bisogno di altro. Noi, invece, che facciamo? Siamo anche noi come Tommaso? Credenti o increduli fino alla fine? Come ci comportiamo davanti alla straordinarietà della Pasqua appena vissuta? Cristo morto e risorto è vivo per noi? In che maniera incide nella nostra vita?
Giovanni ci viene incontro con quella frase che chiude il brano. L’episodio così clamoroso di Tommaso sarebbe dovuto bastare, ci vuole far capire l’evangelista, per poter credere. Perché poi ne sono capitati tanti altri simili, ma ne basta uno per comprendere, tanto è stato eccezionale. Perché se non credete a quanto successo a noi in maniera tanto evidente, è inutile che vi raccontiamo altro. Non credereste comunque. Non siamo neppure come Tommaso. Abbiamo arricciato il naso nel sentire il suo racconto.
Invece noi come ci comportiamo? Confidiamo solo nelle nostre forze? Ci fidiamo della Chiesa (“dove due o tre sono riuniti nel mio nome…”) che rende vivo e presente Gesù oggi in mezzo a noi? Confidiamo nel Figlio di Dio, colui che non solo entra a porte chiuse come fece nel cenacolo, ma ha dato la vita per noi perché noi l’avessimo in abbondanza?