Passione educativa

Passione educativa Il virus c’è e con esso occorre imparare a convivere. Inutile negarlo, ma i bambini e i ragazzi meritano ancora più attenzioni. No ai cavilli, alle esasperazioni e alle interpretazioni in burocratese per evitare i problemi. Sì alla passione educativa che metta al centro chi ci sta davanti

“Come è stato possibile allevare questi animali umani? Quali scuole hanno frequentato? Dove sono cresciuti?”.

Se lo è chiesto Eraldo Affinati nell’editoriale pubblicato martedì scorso da Avvenire a commento della morte di Willy Monteiro Duarte, il 21enne del provincia di Frosinone ucciso da un branco di 4-5 giovanotti che lo hanno atteso perché aveva tentato di sedare una lite.

Che Affinati parli di “animali umani” dalle colonne del quotidiano cattolico fa venire la pelle d’oca. Il prof si interroga e domanda a tutti noi: in che ambiente sono venuti su questi giovani? E chi li ha seguiti in questi anni? Per il vescovo di Velletri, monsignor Vincenzo Apicella, “siamo tutti corresponsabili” per questo incomprensibile e assurdo delitto.

L’interrogativo sull’ambiente in cui sono cresciuti rimane. E si fa ancora più stringente in questi giorni di avvio del nuovo anno scolastico che deve fare i conti con la pandemia e le sue regole. Bisogna tornare in classe, questo ormai appare acquisito dai più.

Lo sostengono i pedagogisti, lo dicono gli esperti di infanzia e giovinezza. Le nuove generazioni non possono vivere senza l’ambiente-scuola, segregate in casa per cautelarci da possibili contagi.

I dispositivi di sicurezza, distanziamento, mascherine e gel igienizzanti, vanno adottati, anche se a volte infastidiscono. Sono una tutela per sé e per gli altri. Una forma di rispetto, di volere bene che si manifesta con i comportamenti richiesti. Non è complicato e non è neppure difficile. Basta comprendere le ragioni altrui.

Ma la scuola non è solo il luogo dell’istruzione, della conoscenza e dell’apprendimento. È uno dei luoghi, con la famiglia forse il più importante, in cui ci si forma, ci si confronta, si cresce. Dove ci si educa a tirare fuori il meglio di sé. La scuola, allora, non può essere vissuta come una lunga quarantena. I ragazzi chiedono i loro spazi e hanno necessità di vivere rapporti in presenza.

Quel che conta, per chi li approccia, è lo sguardo con cui ci si pone. Non si tratta solo di protocolli da applicare, di banchi da tenere a distanza, di indicazioni per evitare i contatti. Cosa sta a cuore a chi si accinge a mettere mano all’avvio delle lezioni?

Il virus c’è e con esso occorre imparare a convivere. Inutile negarlo, ma i bambini e i ragazzi meritano ancora più attenzioni. No ai cavilli, alle esasperazioni e alle interpretazioni in burocratese per evitare i problemi. Sì alla passione educativa che metta al centro chi ci sta davanti.

Perché è certo che oggi sarà il Covid e domani avremo un altro ostacolo, ma non possiamo ignorare il desiderio di relazioni autentiche che ogni giovane porta con sé.