Profughi e vissuto

Profughi e vissuto Un conto è l’accoglienza sul momento, pur meritoria e degna di nota: un letto, uno spazio, una soluzione temporanea. Poi c’è tutto il seguito

Si fa presto a dire accoglienza. Chiariamo subito: non è per nulla scontata neppure quella, anzi. Da alcune settimane ne stiamo dando ampio riscontro su tutte e tre le nostre edizioni, con le Diocesi, le Caritas, le parrocchie e tanti altri del variegato mondo cattolico che si spendono in prima persona, impegnati in una gara di solidarietà.

Vogliamo sottolineare questi gesti di condivisione verso chi è in difficoltà, in questo caso gli ucraini che scappano dall’invasione russa.

Ho sottomano un’appassionata lettera di suor Giovanna Titone del dormitorio Buon Samaritano che si trova a Ravenna. La religiosa racconta di un giovane che, nonostante tanto impegno e diverse persone che si sono spese per lui, alla fine è stato portato in un centro per immigrati in attesa di rimpatrio. “Non è una storia a lieto fine”, commenta sconsolata la suora, anche se non manca di esprimere il suo grazie per quanti si sono prodigati per questo ragazzo che ha anche provato di togliersi la vita.

«Non basta riempirsi la bocca di accoglienza e gli alberghi di gente. Accogliamo persone, ma se non prendiamo in carico i loro vissuti, contribuiremo solo a creare altre sacche di emarginazione e disperazione».

Le parole di suor Giovanna suonano come un pugno nello stomaco. Hanno il merito di svegliarci dall’emozione che finora ci ha tenuto desti e attenti ai bisogni di quanti arrivano dall’est Europa.

Ma un conto è l’accoglienza sul momento, pur meritoria e degna di nota: un letto, uno spazio, una soluzione temporanea. Poi c’è tutto il seguito: i bambini che devono andare a scuola, hanno bisogno del pediatra, vorrebbero avere amici qui e un cellulare per parlare con quelli rimasti nel loro paese. E i giovani e gli adulti che hanno altre richieste: l’università, il lavoro, il futuro, il ritorno in patria.

Presto arriverà l’estate. Le nostre famiglie saranno impegnate con il mare, le vacanze, i turisti sulle spiagge. I nuovi profughi si aggiungono a quelli che c’erano e che ogni giorno arrivano da altre rotte e spesso hanno un colore diverso della pelle. Siamo pronti per affrontare queste nuove emergenze? Saremo in grado di integrare? In una parola, di prenderci a cuore sul serio, oltre l’ondata istintiva?

Dopo la pandemia i problemi si sono moltiplicati, guerra in Ucraina compresa. La comunità cristiana è chiamata a fare la sua parte. E ciascuno di noi pure. L’affondo di suor Giovanna è una salutare presa di coscienza che ci richiama alla realtà.