Salvini, asso pigliatutto

Salvini, asso pigliatutto Era il 4 marzo, appena quattro mesi fa. Anche se gli orientamenti elettorali ci hanno ormai abituato a una volatilità impensabile nelle prime due fasi della Repubblica, neanche il sondaggista più spericolato avrebbe potuto prevedere un cambiamento così rapido e rilevante nei rapporti di forza tra le due formazioni premiate dalle urne.

Era il 4 marzo, appena quattro mesi fa. Anche se gli orientamenti elettorali ci hanno ormai abituato a una volatilità impensabile nelle prime due fasi della Repubblica, neanche il sondaggista più spericolato avrebbe potuto prevedere un cambiamento così rapido e rilevante nei rapporti di forza tra le due formazioni premiate dalle urne.

Certo, la rappresentanza parlamentare del M5S e quella della Lega restano, almeno per il momento e salvo ipotetiche trasmigrazioni non calcolabili, nei termini sanciti dai risultati elettorali, con la prima che è quasi il doppio della seconda. Ma l’immagine pubblica di quest’ultima, tutta incentrata sull’iperattivismo di Salvini, ha messo decisamente in ombra il profilo della seconda e i sondaggi confermano la tendenza, registrando il sorpasso dei leghisti sui cinquestelle. Né si colgono ancora i segnali di un’imminente inversione di tendenza. Anzi.

Il populismo sovranista di Salvini ha trovato nuove e insperate sponde persino a livello internazionale, dove il leader leghista sembrava avere in partenza meno possibilità di manovra, stretto com’era tra alleati a dir poco problematici. Il M5S, invece, stenta a trovare interlocutori e a costruire rapporti convincenti, come testimoniano anche le prime faticose sortite estere del presidente del Consiglio. E in Italia, adesso che il problema delle risorse e delle compatibilità economiche comincia progressivamente a venir fuori dalle nebbie degli slogan, sono i temi più cari ai cinquestelle a incontrare i principali ostacoli, come sta verificando di persona lo stesso Di Maio.

Che la situazione in cui si trova il M5S sia difficile lo dimostra anche lo smarcamento del presidente della Camera, Roberto Fico, che si è detto contrario alla chiusura dei porti. Una presa di posizione senza effetti concreti, ma di evidente carica simbolica, che ha dato voce a un disagio per lo strapotere salviniano non circoscrivibile alla sola area dei cosiddetti “ortodossi”. Ancor più rivelatore della difficoltà del M5S è il ritorno sulla scena pubblica di Beppe Grillo, che con la proposta del Senato eletto per sorteggio ha rilanciato a modo suo l’anima visionaria del Movimento.

Eppure, proprio i cinquestelle e i ministri tecnici costituiscono per ora l’unico bilanciamento possibile all’avanzata della Lega. Un bilanciamento interno alla maggioranza, perché le opposizioni, il Pd e Forza Italia, non hanno ancora battuto un colpo dopo la nascita del governo e hanno idee confuse sul loro futuro.

“In Italia governiamo senza opposizione”, ha detto al raduno di Pontida il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti. Per la salute di una democrazia è una condizione che non può durare a lungo.