Senza memoria storica…
Senza memoria storica... Nelle derive totalitarie, una delle prime mosse è quella di mettere la museruola ai media. Non vorremmo incamminarci su quella strada.
Noi siamo un piccolo giornale. Non ne avessimo coscienza, saremmo degli imperdonabili presuntuosi. Siamo consapevoli del nostro ruolo e della nostra presenza sul territorio. Ci occupiamo di questioni locali, in gran parte, senza disdegnare, come la storia e la tradizione ultracentenaria dei settimanali cattolici italiani ci insegnano, di allargare lo sguardo all’Italia e al mondo.
Nel nostro piccolo, come dicevo, ci occupiamo delle questioni che attengono al governo nazionale anche perché toccano la vita delle persone, pure quelle che vivono in Romagna e nel Cesenate in particolare. Vogliamo occuparcene e dobbiamo occuparcene, per missione e per vocazione. E anche per mestiere, quello dei giornalisti desiderosi di alzare lo sguardo e gettare un’occhiata oltre il confine delle proprie quattro mura.
Mi inquietano, e ci inquietano non poco i ripetuti interventi del vicepremier Lugi Di Maio che non perde occasione per attaccare i media e la nostra categoria di lavoratori. Il bello della faccenda è anche che il vicepremier è al tempo stesso il ministro del lavoro. Sorprendente, per non dire altro, ascoltarlo e leggerlo quando si compiace della crisi di una testata e si augura la sua prossima chiusura.
Per quale motivo farebbe queste sortite, il Di Maio da me tirato in ballo? Solo perché “i media e l’Ue ce l’hanno col governo”. Il che sarebbe come dire: mi state antipatici perché ci criticate, allora io sono contento se voi sparite. Detta così fa più impressione, ma il significato è proprio quello.
Strano questo nostro Paese che non si ribella a una tale deriva. Quando si gioca con la libertà di stampa, sancita dalla Costituzione all’articolo 21, non so dove si possa andare a parare. Ma il consenso della gente è con noi, ripetono tanti di quella parte politica, quelli che misurano le simpatie dell’elettorato a suon di sondaggi e di click. Certo, ci sono giornalisti partigiani per definizione.
Noi ci interroghiamo ogni volta che pubblichiamo qualcosa sull’edizione cartacea e su quella online. E qua, di certo, siamo consapevoli che le parole sono come pietre. Anche quelle pronunciate dal vicepremier. Senza memoria storica non si può governare. Un buon ripasso degli ultimi decenni delle italiche vicende sarebbe auspicabile a chi oggi siede nelle stanze che contano. Ne va di noi e del nostro futuro e di quello delle prossime generazioni. Non stiamo difendendo posti di lavoro, ma un pilastro della democrazia. Nelle derive totalitarie, una delle prime mosse è quella di mettere la museruola ai media. Non vorremmo incamminarci su quella strada.