Solo “Nummeri”

Solo “Nummeri” Questa settimana vado a prestito da due autori. Il primo è il poeta romano Trilussa. Il secondo è don Claudio Stercal di Milano che ogni lunedì diffonde via email un pensiero per l’inizio della settimana. Meritano un minuto del nostro tempo.

Troppo belle. Troppo attuali. Non posso non usarle. Così questa settimana vado a prestito da due autori. Il primo è il poeta romano Trilussa. Il secondo è don Claudio Stercal di Milano che ogni lunedì diffonde via email un pensiero per l’inizio della settimana. Meritano un minuto del nostro tempo.

Iniziamo con la poesia “Nummeri”.

«Conterò poco, è vero: / – diceva l’Uno ar Zero – / ma tu che vali? Gnente: proprio gnente. / Sia ne l’azzione come ner pensiero / rimani un coso vôto e inconcrudente. / Io, invece, se me metto a capofila / de cinque zeri tale e quale a te, / lo sai quanto divento? Centomila. / È questione de nummeri. A un dipresso / è quello che succede ar dittatore / che cresce de potenza e de valore / più so’ li zeri che je vanno appresso» (Trilussa, Poesie scelte, vol. II, Milano 1971, p. 277).

Ecco il commento di don Stercal.

Intitolata Nummeri, questa breve poesia fu scritta nel 1944 dal poeta romano Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma 1871-1950), più noto come Trilussa, anagramma del suo cognome. Si intuisce facilmente la pungente e amara ironia contro ogni forma di dittatura – in particolare quelle del suo tempo – e le irrazionali dinamiche che spesso il potere è in grado di suscitare.

A distanza di qualche decennio e in situazioni auspicabilmente diverse, la poesia conserva, però, tutta la sua attualità. Suona come un sapiente monito rivolto a coloro che si mettono alla guida di altri solo per ambizione o interesse personale e contiene anche un dovuto rimprovero per coloro che, con non minore leggerezza e superficialità, si mostrano incapaci di riconoscere le persone che meritano davvero di essere seguite.

Mi limito a una brevissima riflessione. Si tratta sempre di numeri, ma la loro posizione conta, anche parecchio. Incredibili le pennellate di Trilussa nel breve spazio di qualche verso romanesco. Sorprendente anche come fa comprendere in maniera davvero efficace che succede quando ci si accoda senza comprendere quel che si fa. Quando non ci si rende conto delle conseguenze delle proprie azioni.

Si rischia spesso di assegnare peso a chi varrebbe quasi nulla, di moltiplicare il vuoto. Sarebbero solo numeri. E invece basta poco, molto poco. È sufficiente accodarsi, proprio come succede spesso attorno a noi. Anzi, capita anche a noi. Allora occorre vigilare, come ha ricordato qualche settimana fa a Cesena l’ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli. Davanti a ciò che non possiamo arginare con le nostre sole mani, almeno vigiliamo. Anche di notte, magari. Ma almeno vigiliamo.