Dire sì significa cambiare la storia
Dire sì significa cambiare la storia Il tema della vita consente di osservare nella società fino a che punto si distorce il senso di libertà
Libertà, vita e responsabilità. Si snoda su questi temi il messaggio della Conferenza episcopale italiana in occasione della 43esima Giornata nazionale per la vita, che cade il 7 febbraio. I vescovi si interrogano sul senso della libertà a partire dal tempo di pandemia che stiamo vivendo e che ci ha costretti a limitazioni e lontananze. “Libertà e Vita” sono due grandissimi beni a confronto, soprattutto ora, a fronte dei grandi problemi che l’umanità deve affrontare. Il profondo legame tra libertà e vita è tale, scrivono i vescovi, da essere inscindibile, tanto che la violazione dell’una è violazione dell’altra e viceversa. Un messaggio illuminante in una società che interpreta la libertà come autodeterminazione assoluta, autocentrata e autoreferenziale: tutto ciò che voglio è lecito, io solo scelgo, nel bene e nel male. Questo soggettivismo, che erige a “diritto” qualunque istanza individuale non tiene conto della vita umana, men che meno se è la più piccola, povera e inerme come quella sbocciata nel grembo della mamma come purtroppo avviene, in una provetta di laboratorio. “Una cultura pervasa di diritti individuali assolutizzati rende ciechi e deforma la percezione della realtà, genera egoismi e derive abortive ed eutanasiche, interventi indiscriminati sul corpo umano, sui rapporti sociali e sull’ambiente”.
La libertà che si genera può portare alla violenza nei confronti degli altri, a “strumentalizzare e a rompere le relazioni” a distruggere la “casa comune”. È una libertà che rende insostenibile la vita, costruisce case in cui non c’è spazio per la vita nascente o per la vita che è oramai al tramonto, moltiplica solitudini in dimore abitate sempre più da animali, ma non da persone. Il tema della vita nascente è quello che consente di osservare nella società fino a che punto si distorce il senso della libertà. Davanti a manifesti o ad affermazioni pubbliche in difesa del concepito, ci si straccia le vesti, si urla, si minacciano i fautori della vita, perché “aiutare le donne a non abortire è un attacco alla libertà di scelta”: scelta di strappare dal ventre un figlio, magari con pillole abortive che mettono a grave rischio anche la salute della madre, che per tutta la vita si porterà in seno un dolore straziante?
Come è possibile ritenere un attacco alla libertà della donna l’aiuto, la condivisione delle difficoltà, l’offerta di sostegno?
I Centri di aiuto alla vita permettono a donne, a coppie di ritrovare la libertà di accogliere il figlio, laddove tanti motivi sembrano portare a scelte di rifiuto.
Parlare di diritto ad abortire come grande libertà è una menzogna, perché ogni donna vorrebbe poter abbracciare il suo figlio, anche non desiderato. È nostro compito accompagnare, curare, abbracciare la vita che sboccia. “La responsabilità è disponibilità all’altro e alla speranza, è apertura all’altro e alla felicità. Responsabilità significa andare oltre la propria libertà ed accogliere nel proprio orizzonte la vita di altre persone”. Quando una scelta non tiene conto della vita altrui, è sopraffazione, anche se invece viene chiamata libertà. Non uccidere è il primo passo verso un cammino di libertà. Dire “sì alla vita”, onorando in tutti, dal concepimento alla morte, quell’inestimabile valore chiamato dignità umana, è il criterio decisivo per dare compimento, come dicono i vescovi, a una libertà che cambia la storia.
Compito di ogni parrocchia, dei movimenti, di ognuno di noi è di far sì che la “Giornata” non sia l’evento di un giorno, ma l’occasione per rinvigorire l’unità e le forze per costruire tutti insieme la civiltà della verità, dell’amore e della vera libertà. Anche nella semplice quotidianità impariamo a consolidare il nostro impegno, a sviluppare linee di azione, a guardare al futuro con speranza. Cammino, storia, impegno, azione e futuro, ma anche identità e spiritualità di un popolo. Il popolo della vita.