Don Minzoni è con noi. La sua opera e il suo impegno

Don Minzoni è con noi. La sua opera e il suo impegno Alla vigilia dell’anniversario della Liberazione del 25 aprile torniamo a riflettere sul sacerdote ucciso dai fascisti nel 1923

Ritorna puntuale nel calendario della Repubblica la Festa della Liberazione: una giornata che convoca tutti gli italiani non solo per ricordare, ma per riflettere. Il succedersi delle stagioni politiche in Occidente (non secondo gli orizzonti dell’Europa unita) e anche il crollo dell’Unione sovietica con un ricompaginarsi della Russia secondo la logica dei regimi autoritari ci sta allontanando nella politica di corto respiro che le nuove organizzazioni politiche propongono ai loro concittadini, da quei “Principi fondamentali” che i padri costituenti hanno posto a fondamento della Costituzione della Repubblica italiana. Il tutto in una situazione economica e finanziaria segnata da grandi segnali di crisi, in una società dove sempre più sono numerosi gli incapaci di ripianare il loro reddito.

Ancor più in una tempesta culturale segnata dall’indifferentismo per le responsabilità che tutti ci devono coinvolgere. Mancano leader politici in grado di suscitare l’entusiasmo che animò l’Italia e l’Europa (allora l’Europa dell’ovest) impegnati nella grande impresa della ricostruzione. E non si trattava di ricostruire ponti e fabbriche. Già nei giorni della Resistenza si era sentita la necessità di ricostruire una coscienza e una cultura democratica che i regimi totalitari avevano devastato e represso.

Dicevano i nostri vecchi, per dare coraggio ai nostri pessimismi:

Burdel, arcurdiv: s’lè nota…us farà de’.

I nostri vescovi, e con loro il vescovo di Roma, Francesco, ci richiamano senza reticenze a scendere in campo con scelte ben orientate secondo il Vangelo. Ancora una volta sono i settimanali cattolici a dare voce alle nostre diocesi. Ed è significativo annotare le buone notizie che raccontano del “come” si fece “resistenza” all’indomani della grande guerra, ai progetti dei nuovi regimi che alzavano la bandiera con la stella rossa o i labari dei fasci di combattimento. I cattolici ripresero in mano la Rerum Novarum di papa Leone XIII e le istanze della Democrazia cristiana di don Romolo Murri, travolti dalla preoccupazione di difendere il patrimonio della fede dalle insidie del Modernismo.

Don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi e i già amici del Partito popolare diedero vita ai “Liberi e forti” della Democrazia cristiana, riallacciandosi al Partito popolare degli anni precedenti il conflitto mondiale. A Ravenna il giovane Benigno Zaccagnini, e con lui tanti amici romagnoli che durante i giorni della Resistenza si erano dati appuntamento a Santa Maria del Monte, a Cesena, nel settimanale della Diocesi di Ravenna nel maggio 1945 richiamò come eredità preziosa il martirio di don Giovanni Minzoni (ottobre 1923) parroco di Argenta, assassinato dagli squadristi di Ferrara, che lo ritenevano ostacolo alla loro volontà di fascistizzare le nuove generazioni. È notizia del mese scorso che la Santa Sede ha accolto la richiesta dell’arcivescovo di Ravenna, monsignor Ghizzoni, autorizzando a dare inizio al processo di beatificazione di don Minzoni. Già in passato si erano espressi l’arcivescovo Ersilio Tonini e l’allora papa Giovanni Paolo II.

Don Minzoni è stato un santo prete preoccupato dell’educazione cristiana dei suoi giovani, impegnato a organizzare scuole e cooperative cui la gente di Argenta poteva rivolgersi, dando così fiducia alla Chiesa. Da notare: don Giovanni aveva abbonato il circolo giovanile a “Il Popolo”, quotidiano della appena nata Dc. Lui stesso, a suo tempo, aveva aderito al Partito popolare.