Il carcere a vita è pena di morte lenta

Il carcere a vita è pena di morte lenta "Muori rimanendo vivo", dice l’ex ergastolano ostativo. Invece, il perdono fa più male della vendetta

La Corte costituzionale, con la sentenza del 15 aprile 2021, ha stabilito che la pena dell’ergastolo ostativo è incompatibile con la nostra Costituzione. Adesso a me sembra che, con il decreto legge del nuovo governo, l’ergastolo ostativo diventi ancora più ostativo. Sulla “pena di morte viva”, che ti ammazza lasciandoti vivo, le maggioranze politiche cambiano ma la musica è sempre la stessa. Penso che ci siano alcune persone “perbene”, con mentalità mafiosa, che non commettono reati, ma creano le condizioni per farli commette agli altri. Per questo credo che forse un giorno riusciremo a sconfiggere la mafia che fa reati, ma penso che sarà molto più difficile sconfiggere la devianza di una certa parte dell’antimafia politica che non ha nessun senso della misura e che da decenni non fa altro che produrre altra mafia culturale.

Una certa classe politica pensa che si possa sconfiggere il male aggiungendo altro male e da circa 30 anni è convinta che si possano sconfiggere certi fenomeni criminali solo con l’ergastolo ostativo, con il regime di tortura democratico del 41 bis o costruendo altre carceri. Non sanno quanto si sbagliano, perché certi fenomeni non si sconfiggono così, ma dal punto di vista culturale. L’ergastolo ostativo è disumano, perché l’uomo per vivere e morire ha bisogno di sapere che la sua vita un giorno forse sarà diversa o migliore. La pena perpetua è un sacrilegio perché anticipa l’inferno sulla terra e la pena eterna senza possibilità di essere modificata è competenza solo di Dio (per chi crede).

L’uomo è l’unico animale che può cambiare, per questo non potrebbe e non dovrebbe essere a prescindere considerato cattivo e colpevole per sempre. La giustizia potrebbe, anche se non sono d’accordo, ammazzare un criminale quando è ancora cattivo, ma non dovrebbe più tenerlo in carcere quando non lo è più. O farlo uscire solo quando baratta la sua libertà con quella di qualcun altro collaborando e usando la giustizia.

Se la pena è solo vendetta, sofferenza e odio, come può fare bene o guarire? Voglio ricordare che per chi ha commesso un crimine il perdono fa più male della vendetta. Il perdono lo costringe a non trovare dentro di sé nessuna giustificazione per quello che ha fatto. Ecco perché converrebbe combattere il male con il bene, col perdono, con una pena equa e rieducativa. La pena dell’ergastolo ostativo ti lascia la vita, ma ti divora la mente, il cuore e l’anima.

Questa terribile condanna è un omicidio raffinato che vorrebbe salvare le coscienze, ahimè anche di molti cristiani, ma è inumano punire per sempre, senza un fine pena certo.

Una punizione che solo in rari casi non è eterna perde di senso e si trasforma in tortura, vendetta e sadismo. E soprattutto questa pena leva il rimorso per qualsiasi male uno abbia commesso, perché le punizioni crudeli e senza futuro fanno sentire innocenti anche i peggiori criminali. Che cosa è “la pena di morte viva”?

È una morte al rallentatore. Trasforma la giustizia in vendetta e violenza perché ti toglie tutto, persino la possibilità di morire una volta sola. È, come l’ha definita papa Francesco, una “pena di morte nascosta”, una morte civile che ti tiene in uno stato di sofferenza insopportabile, perché è crudele fare coincidere la fine della pena con la fine della vita. Molti ergastolani non sono più quelli che erano al tempo dell’arresto.

Per questo alcuni non capiscono perché debbano continuare a scontare una pena che non finisce mai, per reati che non commetterebbero più. L’ergastolo non offre nessuna possibilità certa, la pena di morte almeno offre la fine della sofferenza.

Il carcere a vita è una pena di morte dove il boia è il tempo e vieni ammazzato e torturato ogni secondo, ogni minuto, ogni giorno, ogni anno che passa. L’ergastolo non è come la pena di morte, come pensano in tanti, ma è molto peggio, perché muori rimanendo vivo.