In piedi per difendere la vita
In piedi per difendere la vita Un lungo applauso ha concluso la veglia delle 120 Sentinelle in piedi riunite in Piazza del popolo a Cesena sabato scorso. Quasi un gesto liberatorio per chi, stando un’ora ritto e silenzioso, ha portato ancora una volta la propria testimonianza pubblica nel centro della città. La veglia, svoltasi in concomitanza con altre piazze italiane, aveva nella difesa della vita umana, contro la cultura della morte e dello scarto, la sua tematica centrale.
Un lungo applauso ha concluso la veglia delle 120 Sentinelle in piedi riunite in Piazza del popolo a Cesena sabato scorso. Quasi un gesto liberatorio per chi, stando un’ora ritto e silenzioso, ha portato ancora una volta la propria testimonianza pubblica nel centro della città. La veglia, svoltasi in concomitanza con altre piazze italiane, aveva nella difesa della vita umana, contro la cultura della morte e dello scarto, la sua tematica centrale.
“Come non accorgersi del clima culturale di ostilità in cui siamo immersi – si sono chiesti i partecipanti – in particolare oggi che ricordiamo i quarant’anni dall’approvazione della legge 194 che ha introdotto l’aborto legale in Italia? Come non accorgersi di questa mentalità dilagante che tende a far prevalere l’ideologia dell’utilità di una persona, sulla sua inviolabile dignità di essere umano come per i piccoli Charlie, Isaiah e Alfie?”.
Il tema della vita e della libertà di espressione su questioni etiche è sempre stato caro alla coscienza delle Sentinelle, specialmente in un’epoca in cui, occupare spazi nel pubblico dibattito, sembra sempre più complicato a fronte anche delle frequenti azioni di censura ad opera della politica e dei mass-media. Un bavaglio di cui lo stesso movimento civico è stato spesso vittima.
L’ultimo episodio infatti ha riguardato la chiusura fino a trenta giorni per opera di Facebook della pagina nazionale delle Sentinelle in piedi e dei suoi amministratori, rei di aver violato gli standard della comunità virtuale. Motivo della chiusura è stato la pubblicazione sul social del grande cartellone dell’associazione Provita, che ritraeva un bimbo di 11 settimane nel grembo della madre. Manifesto a sua volta già censurato dalla giunta capitolina di Virginia Raggi, poiché ritenuto lesivo della dignità della donna.
“Non solo non si può più dire che l’aborto è un omicidio, ma vogliono farci desistere dall’esprimere liberamente la nostra opinione” ha asserito il portavoce della veglia. Una considerazione decisiva per una società che aspira ad essere, nel dibattito civico e politico, sempre più plurale ed inclusiva, se si pensa inoltre che proprio a Cesena, in quelle stesse ore, si stava svolgendo il festival giornalistico di RaiRadio3 dal titolo “Tirannia e libertà”, teso a sensibilizzare la platea proprio sulle “parole di libertà”.
Resta dunque da chiedersi: nel tempo in cui la vita umana vale solo se produttiva, la fecondazione eterologa permette la selezione eugenetica degli embrioni e la vita disabile e malata è degna di essere scartata, se non soppressa, quale spazio resta per il dissenso? Quello di una piccola piazza? Quello di qualche centinaio di persone silenziose, ma con la schiena dritta? Oppure aspettiamo solo di sentire, gravati dal peso della nostra società occidentale, il punto più basso che ancora resta da toccare? Il tutto tra un referendum irlandese, che stralcia dalla Costituzione il diritto alla vita del nascituro e una sentenza di un giudice britannico che sottrae la vita di un figlio dalle mani dei genitori?
“Sì, noi insistiamo sulla nostra orribile propaganda prolife, come qualcuno l’ha definita – ha concluso il portavoce – e con la quale semplicemente diciamo: non toccate i bambini, non prendetevela con chi non si può difendere”. Motivo in più per credere che l’azione delle Sentinelle non si fermerà, per raccogliere quell’urgenza di ritornare a fecondare la società di una nuova cultura delle relazioni e della vita.