La responsabilità ripudiata
La responsabilità ripudiata La faccenda è scomoda, se non scomodissima per tanti di noi, adulti in cerca di identità, sballottati tra i troppi impegni quotidiani a cui domandiamo di riempire un'esistenza che a volte rischia di girare a vuoto. La questione è quella che attiene alla responsabilità. Una parola sola, carica di infiniti significati.
Una generazione di adulti-adolescenti. Su queste colonne la questione è stata affrontata in diverse occasioni. Ed è trattata anche questa settimana a pagina 15 (edizione cartacea), “Colazione tra le righe”, il coraggio di ricominciare, e a pagina 19 con la recensione del libro del cardinale Scola, in cui si parla di deresponsabilizzazione.
La faccenda è scomoda, se non scomodissima per tanti di noi, adulti in cerca di identità, sballottati tra i troppi impegni quotidiani a cui domandiamo di riempire un’esistenza che a volte rischia di girare a vuoto. La questione è quella che attiene alla responsabilità. Una parola sola, carica di infiniti significati. Oggi ripudiata, se non scaricata, appena se ne avverte il sentore. Nessuno la vuole. Nessuno la cerca.
Tutti adolescenti perenni, attenti solo a rimanere in forma tra palestra e diete ferree, ma mai, o quasi mai, che qualcuno dica: “Sì, sono stato io. Forse mi sono sbagliato”. Invece no. Tutti a difendersi, a cercare conforto dalla mamma (oggi gli amici/cortigiani), una di quelle che consolano senza chiedere conto di cosa sia veramente successo. La verità resta esclusa da questo cerchio magico. Proprio come quando a scuola si difendevano a prescindere i compagni di classe, anche quando l’avevano combinata grossa.
Sono trascorsi trent’anni invano, per tanti di noi (mi ci metto anch’io altrimenti mi attiro le ire dei miei coetanei) e il rischio evidente è che questo atteggiamento si propaghi anche a chi aveva tentato, nei decenni scorsi, di crescere e di uscire dal bozzolo. Invece molti sono passati da quello della madre a quello degli amici, dei parenti, degli amici di amici che, sollecitati online, formulano assensi sperticati a suon di emoticon e di proclami.
Un po’ come accade col governo in Italia e non solo. Tanti spot, poca sostanza. Molte emozioni, meno raziocinio. Una deriva frequente a cui è fatica sfuggire. Basta guardarsi attorno. Basta vedere l’alleanza educativa smarrita tra scuola/famiglia/parrocchia. Un tempo ci si aiutava a far crescere le nuove generazioni. Oggi ci si fa la guerra, tutti in trincea, l’un contro l’altro, quasi sempre.
E la verità dei fatti, quelli che più nessuno ricorda, che fine fa? E la responsabilità chi se la prende? Chi ha il coraggio di esporsi e di dire: può darsi mi sia sbagliato. Non sia mai. Nel tempo dei perfetti, di chi è al vertice del successo ed è sempre il più bravo, il più bello, il migliore, chi mai ammette una debolezza, una mancanza, senza scaricare colpe su altri e senza cercare scappatoie?
Difficili questi tempi. Per tutti. Difficile capirli e interpretarli. Anche noi ci mettiamo del nostr. Inutile nascondersi. Sarebbe più serio prenderne coscienza.