Sistemi e anti-sistemi: “Forse è il caso di ragionare sulle motivazioni della ribellione”
Sistemi e anti-sistemi: “Forse è il caso di ragionare sulle motivazioni della ribellione” Chi vive (non soltanto chi lavora) nel mondo della scuola sa che nonostante la riforma fatta dal governo sono esplosi ultimamente serissimi problemi, innanzitutto educativi.
Non sono molto stupito dal voto politico di domenica scorsa. Vorrei provare a dare un giudizio partendo dalla mia esperienza quotidiana. Chi vive (non soltanto chi lavora) nel mondo della scuola sa che nonostante la riforma fatta dal governo sono esplosi ultimamente serissimi problemi, innanzitutto educativi.
I recenti fatti di cronaca di docenti picchiati sono la punta dell’iceberg del clima che si respira a scuola, poi l’incapacità di chi ha governato di risolvere i problemi concreti e quotidiani. Un esempio è la situazione dei migranti, ragazzi che non parlano l’italiano provenienti da diverse parti del mondo catapultati all’interno di una classe con poche risorse economiche per aiutare l’alfabetizzazione, con aspetti burocratici per i docenti da affrontare, titoli necessari per alfabetizzare (altra burocrazia) e una riforma che su questo non dice praticamente nulla. Insomma le scuole sono state lasciate da sole ad affrontare queste problematiche.
Un altro chiaro esempio sono gli scrutini svolti quest’anno alle medie. Siamo passati da un sistema che prevedeva soltanto dei voti nelle materie ad un sistema che prevede voti, giudizi e lettere (a, b, c….) per la certificazione delle competenze. In sintesi in un sistema di relazioni complicate tra docenti, genitori e studenti che chi governa ha complicato aumentando ulteriormente la burocrazia rendendo ancora più fumose e complicate le relazioni tra i soggetti protagonisti e perdendo di vista l’obiettivo educativo dei giovani.
Lo scontro elettorale è stato su questo. Un sistema composto da governo, Stato e amministrazioni locali che per giustificare la propria esistenza burocratizza contro un popolo che si è stancato non vedendo risolti i problemi più quotidiani e semplici della vita.
Come altro esempio segnalo che all’interno della mia famiglia stiamo seguendo una causa civile che ha una prospettiva di soluzione in terzo grado di circa 20/25 anni…. Si può vivere in un paese che per decidere cosa è giusto o sbagliato nelle relazioni tra persone impiega 25 anni? Nelle elezioni recenti qualcuno ha parlato di questo enorme problema del paese?
I leader e le persone che hanno vinto in queste ultime elezioni rappresentano partiti anti sistema che in qualche modo promettono di cambiare questa brutta realtà, insomma partiti che si dicono vicini al popolo e contro il sistema. Il termine populista è considerato ormai un termine negativo da un punto di vista politico, ma forse è il caso di ragionare sulle motivazioni che spingono il popolo a ribellarsi ad un sistema che definire bloccato è il minimo.
La vera scommessa sarà sulle capacità di rispondere a questo grande desiderio di cambiamento popolare non tradendo nuovamente quest’aspettativa. L’assurdità è che su questo venga data fiducia ad un partito verticista e non di popolo (il movimento 5 stelle) che sull’onda di un vaffadaydi protesta contro il sistema nei contenuti di governo rischia di essere più statalista, settario nelle proposte (ascoltando soltanto i propri guru e i pochi e puri iscritti) e distruttivo di ciò che invece c’è di buono e sano nella nostra società.
La sfida a livello nazionale e locale è aperta, ma mi auguro che sempre più si mettano a tema i problemi più concreti delle persone e meno i personalismi, le ideologie e le burocrazie che abbiamo visto in questi anni e che stanno soffocando tutti gli aspetti della vita.