Tutelare la vita sempre e in ogni caso
Tutelare la vita sempre e in ogni caso Il commento al messaggio dei vescovi italiani alla XLVI Giornata. Troppe le violenze e i soprusi
Con la loro lettera per la Giornata della Vita 2024 i vescovi italiani ci offrono spunti di riflessione, la traccia di un organico percorso di formazione su problematiche urgenti della nostra vita ecclesiale, sociale e politica. Molti di noi vivono in forte apprensione per tante tristi vicende che coinvolgono le persone più deboli e le comunità più povere: le guerre in Ucraina, a Gaza e altrove; i naufragi e le torture nei confronti dei migranti; le ripetute violenze nei confronti delle donne; lo sfruttamento di molti lavoratori, in specie immigrati; la mancanza delle cure necessarie per molte categorie di malati; le molteplici forme di strumentalizzazione e mercificazione nei confronti dei bambini.
Su queste e altre situazioni i vescovi dicono una parola chiara e illuminante parlando di “troppe vite negate”, sebbene in modi diversi. Essi ci permettono così di elevarci da punti di vista particolari troppo limitati, di parte, o persino politici in senso deteriore, a un’ampia prospettiva umanistica, che in effetti per il credente è anche e più religiosa.
La proposta dell’eutanasia o del suicidio assistito per malati e disabili gravi, la mercificazione dei bambini con l’utero in affitto, la pedopornografia, o l’espianto di organi, l’aborto, considerato come un diritto o banalizzato grazie all’uso di una pillola, sono altrettanti aspetti di questa negazione della vita. La vita stessa, nella sua stupefacente ricchezza, smaschera la sottintesa convinzione che la si possa scartare in quanto priva di valore: persino le esistenze più piccole e deboli possono recare un loro grande contributo. Molti che da bambini erano malaticci o disprezzati sono in seguito diventati grandi leader o grandi benefattori dell’umanità. Vi sono persone allettate che sanno offrire grande serenità a chi è sano ma tormentato, immigrati anche irregolari e senza lavoro, che compiono atti di grande civismo o salvataggi eroici. Tanti bambini nati con gravi disabilità, o addirittura non desiderati, diventano sorgente di affetti e di gioia per la loro famiglia. Grazie alla meravigliosa resilienza del fisico umano, spesso le vite più fragili possiedono in sé la forza di superare problemi che a uno sguardo spaventato potrebbero apparire insuperabili.
Vi sono solide ragioni scientifiche e storiche per riaffermare il diritto di ogni vita alla salvaguardia e all’accoglienza. Già in passato ogni discriminazione su basi razziali si è dimostrata scientificamente infondata, a fronte della sostanziale unità genetica di tutto il genere umano. Oggi l’embriologia ci mostra l’impossibilità di stabilire un termine prima del quale il feto o l’embrione non costituirebbero ancora un organismo umano vivente. La storia ci ha insegnato quale sia l’ingiustizia di una società che si arroga il diritto di decidere chi abbia diritto alla vita e chi no: per gli antichi erano i liberi ma non gli schiavi, in seguito i bianchi ma non i neri, per il nazismo furono i sani e i cosiddetti “ariani”, ma non i malati, i disabili, gli ebrei o gli zingari. Molti oggi insistono con varie motivazioni a proporre l’eutanasia in forme sempre più ampie, ma i primi programmi pubblici di eutanasia (addirittura involontaria) furono avviati proprio dal nazismo, e bisognerebbe chiedersi se alla base non vi sia, oggi come ieri, lo stesso smarrimento del valore supremo della vita.
Un domani, suggeriscono i vescovi, si guarderà alle odierne violazioni della sacralità della vita con lo stesso senso di condanna e di repulsa con cui oggi guardiamo a quelle del passato. Questa 46ª giornata nazionale ci impegna a diventare sempre più consapevoli e a spiegare sempre meglio in ogni ambito e circostanza che non siamo padroni della vita e non abbiamo diritto di diventarlo. Al contrario, dobbiamo porci al suo servizio, accoglierla e promuoverla, specie quando è più fragile e indifesa, perché possa fiorire in tutte le sue potenzialità