Tutti parlano di pace ma la guerra prosegue
Tutti parlano di pace ma la guerra prosegue I negoziati vengono invocati da tanti in ogni momento ma rimangono vaghi. Si pensa alle vittorie sul campo
I 100 giorni e più di guerra non sono pochi. Anzi, sono troppi e non ne appare chiara la fine. È un detto antico che “la storia è maestra di vita”. Se è vero, noi non siamo certamente bravi discepoli.
A cominciare dagli inascoltati saggi ammonimenti dei Pontefici sulle ultime guerre: dall’“inutile strage” della prima guerra mondiale pronunciato da Benedetto XV al “tutto può essere salvato con la pace, tutto è perduto con la guerra” della seconda guerra mondiale di Pio XII. E oggi con “Pazzia” “Sacrilegio!” prima e “Fermatevi!” poi, gli appelli sul conflitto Russia-Ucraina di papa Francesco.
Il conflitto Russia-Ucraina ancora in atto e dove chiaramente c’è un aggressore (Russia) e un aggredito (Ucraina) sta sconvolgendo l’ordine internazionale, porta disagio e danni a ogni livello e ovunque, fa rivedere i precedenti equilibri geopolitici, semina morte, danni, odio. Tutti parlano di pace, ma si prosegue con la guerra.
Pacifisti e interventisti
Nelle popolazioni, e più animosamente in Italia, si sono formati due fronti: i pacifisti (niente armi; solo diplomazia) e gli interventisti (armi per la difesa e colloqui per la pace).
I pacifisti non valutano che la Russia conquisterebbe interamente l’Ucraina assoggettandola e gli interventisti non avvertono che i colloqui sono vaghi e inconcludenti: e la guerra continua.
Tutte le guerre sono state avviate con un (improprio) motivo giustificante: “si risponde al fuoco” (da loro provocato!) i nazisti nella Polonia del 1939; “denazificare l’Ucraina” i russi nel febbraio 2022: e così la guerra si allarga anche con benedizioni.
Tra affermazioni e intenzioni c’è un grande fossato: le prime ricordate come ritornello giustificativo e le seconde nascoste sotto fumose vaghe concessioni e controinformazioni: cosicché la guerra si prolunga.
Difatti le previe manovre militari generali russe del febbraio di quest’anno venivano dichiarate “semplici e legittime esercitazioni nel proprio territorio” e che “non c’era intenzione di invadere l’Ucraina” (Labrov): e due mesi dopo l’invasione.
Semel mendax, semper mendax; bugiardo una volta, sempre bugiardo, dicevano gli antichi.
I negoziati di certo sono necessari e da tutti invocati in ogni momento, ma nel concreto risultano molto vaghi e inconcludenti perché la priorità viene data alle vittorie sul campo, a occupare terreno e negoziare poi da posizioni di forza e non con il dialogo. Ricordiamo Brenno nel 48 a.C. dopo il sacco di Roma che appesantì la bilancia del riscatto con la sua spada (guai ai vinti vae victis): e la guerra si giustifica e intensifica.
Diffidare dei doni ricevuti
In definitiva nella giusta affermazione del primato della politica sulle armi occorre avere anche un sano realismo di fronte a negoziati vaghi, continuamente rinviati, ambigui e sempre rivestiti di nuove obiezioni di stampo antico per non dimenticare la sorte di Sagunto, città alleata di Roma che Attila conquista mentre Roma stava discutendo su come difenderla: “mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata” (Tito Livio dum Romae consulitur Saguntum expugnatum est) e nemmeno l’avvertimento di Virgilio nei confronti dei Greci di allora: Timeo Danaos et dona ferentesNon mi fido dei Greci anche se mi portano doni.