Un anno fa con papa Francesco
Un anno fa con papa Francesco Un anno fa con papa Francesco. Poco più di sei mesi dopo noi eravamo con lui a Roma, in piazza San Pietro. Queste due visite hanno avuto, come tutti sanno, un tempo di preparazione e un altro tempo di assimilazione.
Un anno fa con papa Francesco. Poco più di sei mesi dopo noi eravamo con lui a Roma, in piazza San Pietro. Queste due visite hanno avuto, come tutti sanno, un tempo di preparazione e un altro tempo di assimilazione: il primo è iniziato la sera stessa dell’annuncio, mercoledì santo 12 aprile 2017 e il secondo si è concluso con la pubblica consegna del volume Papa Francesco a Cesenail 24 giugno 2018.
Quei quattordici mesi sono documentati in moltissimi file del mio computer e corredati di innumerevoli immagini che una legione di smartphone tra loro collegati si sono travasati in tempo reale. Ma tutto ciò rientra nel capitolo della quantità… mentre la riflessione su tutto quanto è accaduto e che in gran parte ho vissuto dall’interno, attende ancora uno spazio adatto all’atterraggio e a una sosta priva di scadenze.
Trent’anni fa ho avuto la fortuna – chiamiamola così – di coordinare il comitato diocesano preposto all’accoglienza di papa Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio pastorale in Romagna. Allora scrivevo un diario e oggi colgo immediatamente la prima differenza nella registrazione dell’evento: al racconto dei fatti corrispondevano puntualmente osservazioni e commenti, si aggiungevano la riflessione e la ripercussione emotiva.
Mi piacerebbe non tardare troppo a fare altrettanto per quel che riguarda la mia partecipazione attiva all’evento della visita di papa Francesco a Cesena come pure (rivelatasi in proporzione ben più complessa) la preparazione dell’udienza romana del 21 aprile. Mi piacerebbe… ma so che non è ancora il momento. Quindi neppure questa testimonianza riuscirà ad andare oltre il genere del preambolo.
Se dovessi scegliere un primo argomento di conversazione per un approfondimento, mi soffermerei sul braccio di ferro tra due presupposti, tra due previsioni date per scontate: la prima riguardava la grande popolarità di papa Francesco unita al privilegio di una piccola diocesi di averlo in visita, con l’altrettanto scontata capacità di fare da calamita nei riguardi delle vicine città della Romagna.
La seconda previsione era quella di una possibile concentrazione di forze ostili, del pericolo per la sicurezza del pontefice, ma anche della gente attirata all’appuntamento con lui, l’ombra di un terrorismo che magari proprio a Cesena avrebbe potuto accapparrarsi la data del 1° ottobre. Dal primo presupposto scaturivano dati di afflusso esorbitanti, dal secondo presupposto prendevano le mosse misure di sicurezza di altissimo livello e propositi di partecipazione progressivamente frenati da riserve molteplici e crescenti.
Il secondo presupposto si è rivelato vincente. La seconda analisi che mi piacerebbe condurre riguarda la corrispondenza tra l’immagine del Papa, quella che lo precede e lo accompagna, e il reale impatto dei suoi gesti e delle sue parole sulle persone e dentro le situazioni comunque inedite che le due ore trascorse a Cesena hanno potuto registrare. Credo che tutto si sia svolto all’insegna di una conferma, di una modalità certamente in linea con lo stile e le preoccupazioni costanti del pontificato di papa Bergoglio.
Il linguaggio dei gesti e degli atteggiamenti non ha riservato sorprese in tal senso. Credo invece che i due discorsi, quello rivolto alla città in piazza del Popolo e quello pronunciato in Cattedrale per la comunità ecclesiale, meritino la qualifica di consegna, e debbano pertanto essere periodicamente ripresi (come immediatamente ha fatto il vescovo Douglas in occasione delle festività natalizie del 2017) non solo per un atto previo di devozione filiale, ma per un suggerimento di metodo che essi contengono, capace di farci coniugare ecclesialità e laicità in termini di chiarezza e di urgenza, di un’attualità impressionante.