Il matrimonio

Il matrimonio L’amore, per durare, deve essere duttile. Deve riuscire a plasmarsi sulla trama della vita e delle menti in divenire

Se l’amore è un mistero, l’amore che dura è un arcano ancor più grande.

Al matrimonio di due menti non sarò certo io a trovare impedimenti: non è amor l’amore che muta quando scopre un mutamento, che si allontana quando l’altro si allontana. Oh no: è un faro sempre fisso, che mira la tempesta senza esserne scosso; l’amore è la stella di ogni nave vagabonda e il suo valore è ignoto, per quanto il sestante lo misuri. Non è zimbello del tempo, sebbene rosee guance e labbra finiscano per piegarsi alla sua falce che gira; l’amore non cambia in brevi ore o settimane, ma tiene la rotta fino all’orlo del Giudizio: Se qualcuno dimostra che tutto ciò è sbagliato, allora è vero io non ho mai scritto, e nessun uomo ha mai amato” (Shakespeare, sonetto n. CXVI).

Nel sonetto dedicato al matrimonio, Shakespeare descrive l’amore come fermo e impassibile ai mutamenti tempestosi del mondo esterno. Nell’amore che funziona, infatti, il tempo è un alleato. Il tempo permette alla coppia di costruire una trama, fatta di quotidianità, esperienze condivise, accadimenti positivi e negativi che si attraversano insieme, viaggi, progetti. Lo scorrere del tempo, in una relazione che funziona, porta a superare il gioco serrato dell’Io-Tu e favorisce il passaggio al Noi. Quanto più si stabilizza il senso del Noi tanto più la coppia diventa un’entità, un mondo che è nato con l’amore, globo da preservare e proteggere. “La vita in comune diventa la depositaria dell’amore, una forza potente che dà continuità contro le discontinuità della vita quotidiana” (Kernberg, 1995).

Ma l’amore, per durare, deve essere duttile. Deve riuscire a plasmarsi sulla trama della vita e delle menti in divenire: da bravo funambolo rimanere in equilibrio, bilanciando disponibilità e ritiro, presenza e assenza, accordo e disaccordo. È in questo gioco acrobatico che si costruisce una vita matrimoniale felice.

Un’acrobazia riuscita che permette di arrivare alla vecchiaia con uno sguardo retrospettivo che srotola, sulle inevitabili crepe, un tappeto rosso di continuità e perfezione come quello che attraversano gli sposi nel tragitto verso l’altare.