Domenica 1° novembre – Tutti i Santi – Anno A
Domenica 1° novembre - Tutti i Santi - Anno A Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltatoAp 7,2-4.9-14; Salmo 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
Vangelo di Matteo: nelle domeniche passate Gesù affronta direttamente i farisei e gli scribi smascherando la loro ipocrisia e malizia.
Oggi Gesù si rivolge alla folla per metterla in guardia da questi falsi maestri. Non osservano la Legge data da Dio, la sua Parola e i Comandamenti e vogliono imporli agli altri. Insegnano sì, ma non vogliono vivere ciò che dicono e quindi diventano incoerenti. In pratica sono tiranni spirituali, indulgenti con se stessi e severi con gli altri. Vogliono apparire bravi e buoni, ma sono il contrario: pieni di falsità e di peccati.
Questi farisei sono pieni di vanità: cercano in tutto i primi posti, non per merito, ma a forza di sgomitate e sono avidi di essere adulati perché amano sentirsi chiamati “Rabbi”, “Padri” e “Guide”, senza esserlo. È un pericolo che incombe anche su noi, nella nostra vita cristiana, un po’ per tutti: preti, cristiani impegnati e semplici. Anche noi possiamo cadere nel peccato dell’ipocrisia: voler apparire a tutti i costi per ciò che non siamo per cercare di nascondere i nostri lati negativi.
Per evitare queste deviazioni spirituali, Gesù ci indica e ci propone una via di umiltà. Lui ci chiama a insegnare e a osservare la sua Parola in un atteggiamento di umiltà e di ascolto perché solo Lui è l’unico vero nostro Signore e l’unico maestro che ci dona la verità e l’unico Cristo, mandato a noi dal Padre come unico e vero Buon Pastore. Noi siamo fratelli e a servizio gli uni degli altri: questa è la nostra grandezza (“Chi si esalterà sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”).
Seguendo questa Parola evangelica, potremo evitare altri pericoli e insidie presenti, a volte, nelle nostre comunità. Ad esempio: certi piccoli centri di potere, la smania dell’apparire e non dell’essere, un servizio a volte solo umano, non legato a Cristo e al bene dei fratelli, e così via.
Nella prima lettura il profeta Malachia ha parole roventi contro i sacerdoti dell’Antico testamento che, anche se diversi dal sacerdozio istituito da Gesù. Paragona i suoi discepoli ai profeti, che poi hanno deviato dalla loro vocazione, come può succedere anche a noi, preti e fedeli.
Questo brano costituisce per noi, sacerdoti e fedeli un forte richiamo ad abbandonare le vie del male, con una doppia vita che non ha senso di fronte a Dio e neanche di fronte a chi cerca la verità e non la trova proprio nelle persone chiamate a donarla con trasparenza. È inoltre un pressante invito per noi sacerdoti a non venir meno al compito di evangelizzare e santificare il popolo di Dio.
Questo invito è anche per i fedeli: aiutare, sostenere i loro preti e pregare per loro e in particolare: non chiedere al sacerdote ciò che non gli compete e non lo riguarda.
Facciamo nostre le parole affettuose di San Paolo ai cristiani di Tessalonica (seconda Lettura). Paolo si è speso con sacrificio per donare loro il Vangelo di Gesù Cristo. I tessalonicesi hanno risposto bene alla predicazione di Paolo, il quale mostra loro il suo affetto e la sua gioia.
Così oggi dev’essere la nostra comunità: un cuore solo col proprio sacerdote per giungere, al di là dei limiti, all’amore di e per Cristo.