«A 16 anni il cellulare è la misura di tutte le cose»

«A 16 anni il cellulare è la misura di tutte le cose» Chi appoggia l’uso dei cellulari a scuola parte da un presupposto sbagliato: non usare il telefonino in classe non significa non promuovere la formazione tecnologica

Il 20 dicembre scorso il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha inviato a tutte le scuole una circolare sull’utilizzo dei telefoni cellulari nelle classi.

Il testo non fa altro che ribadire il divieto di utilizzare lo smartphone durante le lezioni, «trattandosi di un elemento di distrazione proprio e altrui e di una mancanza di rispetto verso i docenti».

Nessuna novità, dunque, rispetto allo Statuto delle studentesse e degli studenti (1998) e alla circolare del ministro Fioroni del 2007.

Ciononostante sono state numerose e di vario segno le reazioni alle parole del ministro. Tra queste, merita registrare la lettera che Flavio Maria Coticoni, 16 anni, ha inviato al Corriere della Sera, trovando spazio sull’edizione del 31 dicembre.

Una riflessione carica di realismo e di buon senso, a cui volentieri lasciamo spazio nella prima rubrica del nuovo anno.

«Mi sento – scrive il giovane studente – nel modo più sincero e spontaneo, di dare ragione a chi non nega le enormi potenzialità della tecnologia, ma riconosce che la scuola debba dare un’alternativa esistenziale a chi come noi ha la vita dove il cellulare è misura di tutte le cose. La mia idea nasce proprio dal fatto che io stesso riconosca quanto il cellulare sia dannoso per me e per gli altri; eppure, a volte, non riesco proprio a farne a meno. Ormai è una parte di noi: il cambiamento perciò non va ostacolato, ma solo regolato».

Secondo Flavio, «chi appoggia l’uso dei cellulari a scuola parte da un presupposto sbagliato: non usare il telefonino in classe non significa non promuovere la formazione tecnologica. Le scuole sono infatti dotate di lavagne multimediali e aule informatiche dove la tecnologia è messa a disposizione degli studenti in modo sicuro, uniforme e democratico, proprio gli aggettivi che non userei per definire l’utilizzo ‘privato’ del cellulare».

Il punto è un altro. Lo smartphone, «se è vero che soddisfa più velocemente le nostre curiosità, rende anche il nostro mondo molto meno originale di come sarebbe bello immaginarlo e viverlo. La scuola deve insegnare a noi giovani l’originalità di essere se stessi e la bellezza di crearsi una propria identità che ci accompagnerà per sempre. Care ragazze, cari ragazzi, noi che sosteniamo le grandi potenzialità del cellulare dovremmo riconoscere che quando accendiamo il telefonino si spegne anche una piccola parte della nostra mente. È per questo che, almeno a scuola, dovremmo usarlo il meno possibile».