Crescere al tempo della Rete. Sempre più insieme ma soli
Crescere al tempo della Rete. Sempre più insieme ma soli Da oltre 2500 anni la scuola ha conservato tre elementi di fondo che oggi rischiano di scomparire, o almeno di essere fortemente ridimensionati dalla tecnologia
Cosa comportano per l’educazione i nuovi scenari digitali che stanno cambiando il mondo e le nostre vite? Se lo è chiesto, nei giorni scorsi a Torino, la Commissione episcopale della Cei che si occupa di scuola e università, chiamando a raccolta alcuni esperti per riflettere su uno dei temi oggi più dibattuti, e non solo a causa dell’irruzione del digitale nell’esperienza scolastica provocata dalla pandemia.
Fra i docenti che hanno animato il confronto c’era anche Giuseppe Riva, esperto di neuroscienze e direttore del laboratorio Humane Technology dell’università Cattolica di Milano, centro di studio per una tecnologia dal volto umano.
Da oltre 2500 anni – ha esordito il professore – la scuola ha conservato tre elementi di fondo che oggi rischiano di scomparire, o almeno di essere fortemente ridimensionati dalla tecnologia.
Il primo è lo svolgersi in uno spazio fisico (l’istituto, l’aula). In secondo luogo, la scuola si basa su una relazione diretta tra docente e alunno. Un’interazione – ed è il terzo aspetto – che non è solo tra due, ma tra uno e molti: l’insegnante e la classe, più o meno numerosa.
L’ingresso del digitale nell’educazione è dunque il benvenuto a patto che non cancelli questi tre pilastri. Essi, infatti, hanno a che fare con l’umano in quanto tale, con la nostra mente e i meccanismi di apprendimento. Che ci siano oppure no, cambia tutto. In peggio.
Il perché è presto detto. Le neuroscienze hanno scoperto che il senso di luogo ha un ruolo fondamentale nei processi cognitivi.
«Noi siamo i luoghi che frequentiamo », per dirla con le parole del professor Riva. I luoghi, infatti, ci danno un’identità sociale, sono molto importanti per organizzare le emozioni e i ricordi, per aggregare la nostra “memoria autobiografica”. I neuroni ci dicono inoltre quanto sia importante rispecchiarsi nell’adulto che abbiamo di fronte e stringere legami basati su obiettivi collettivi (il we-mode, la modalità-noi), due meccanismi che la formazione a distanza limita drasticamente.
C’è una differenza sostanziale fra le comunità fisiche e quelle virtuali. Ecco perché i ragazzi di oggi sono spesso insieme ma soli. Una parte del disagio diffuso tra le nuove generazioni nasce qui, nella mancanza di relazioni sociali dirette, certamente più faticose ma essenziali.
Avete mai notato il paradosso ha concluso Riva – della diffusione dei messaggi vocali? Una volta il cellulare serviva per parlare direttamente con gli altri, poi è scoppiato il boom dei messaggi scritti e ora siamo a quelli vocali. Siamo tornati alla voce umana, dunque, ma senza il “costo” della relazione diretta.