Dall’infanzia basata sul gioco all’infanzia basata sul cellulare
Dall’infanzia basata sul gioco all’infanzia basata sul cellulare Non ci sono più dubbi: l’iperconnessione fa gravi danni alla salute dei minori. Fra gli effetti nocivi segnalati, i più frequenti riguardano i disturbi del sonno, l’obesità conseguente alla sedentarietà, l’ansia e la depressione generate dai social nei ragazzi più vulnerabili
«I nostri ragazzi sono divenuti una mercanzia», vittime di strategie senza scrupoli pensate per «rinchiuderli in una relazione con gli schermi, per controllarli, risospingerli, monetizzarli».
Sono le parole durissime contenute nel rapporto consegnato nei giorni scorsi al presidente francese Emmanuel Macron da parte della commissione di esperti da lui voluta per studiare una strategia contro la dipendenza digitale dei più giovani.
Le drastiche conclusioni contenute nel testo comprendono la proposta di vietare ogni tipo di schermo ai bambini sotto i tre anni e l’uso degli smartphone a chi non ne ha compiuti 11.
Senza però poter accedere ancora a Internet dal telefono, concesso solo dai 13 anni in poi.
Via libera ai social network solo dopo i 15 anni, a patto che i gestori dimostrino di rispettare ferree regole deontologiche.
E niente monitor e televisori nei reparti ospedalieri di maternità, negli asili e nelle scuole materne.
D’altronde non ci sono più dubbi: l’iperconnessione fa gravi danni alla salute dei minori.
Fra gli effetti nocivi segnalati, i più frequenti riguardano i disturbi del sonno, l’obesità conseguente alla sedentarietà, l’ansia e la depressione generate dai social nei ragazzi più vulnerabili.
Per non parlare dei segni lasciati dall’esposizione a contenuti violenti e pornografici, a cui si accede spesso già dai 12 anni.
In Italia – solo per citare un dato – negli ultimi tre anni sono aumentati del 40 per cento gli accessi di giovani e giovanissimi al Pronto soccorso del “Bambin Gesù” a motivo di ansia o di tentativi di suicidio.
“ The Anxious Generation” (La generazione ansiosa) è proprio il titolo del volume appena uscito negli Stati Uniti a firma di Jonathan Haidt.
Il noto psicologo sociale americano paragona la situazione odierna al «più gigantesco esperimento sociale della storia dell’umanità» condotto sui più giovani.
Immaginate che un giorno – scrive l’autore – qualcuno vi proponga di lasciar partire vostro figlio di 10 anni per Marte, con tutte le incognite del caso e i possibili effetti collaterali e senza la certezza di poterlo riabbracciare sulla Terra.
Di contro, la possibilità di acclimatarsi alla vita sul pianeta rosso, un grande vantaggio nel caso in cui tutta l’umanità decidesse di trasferirvisi. Voi lo lascereste partire?
Si può immaginare che i no supererebbero di gran lunga i sì, eppure è quello che – ormai da quasi vent’anni – succede ai ragazzi della Generazione Z, i nati dopo il 1995. I primi a passare da un’infanzia “basata sul gioco” a un’infanzia (e adolescenza) “basata sul telefono”.