Gor, Andrea e una partita tutta da giocare

Gor, Andrea e una partita tutta da giocare Nel giro di pochi giorni abbiamo appreso di Igor, 14 anni, morto soffocato a causa di un gioco estremo che stava seguendo su internet, e di Andrea, il 15enne precipitato dal tetto di un centro commerciale su cui era salito probabilmente per scattarsi un selfie ad alto tasso di spettacolarità ed emozione.

Due recenti fatti di cronaca hanno riproposto prepotentemente il delicato rapporto fra i nostri adolescenti e il mondo digitale. Nel giro di pochi giorni abbiamo appreso di Igor, 14 anni, morto soffocato a causa di un gioco estremo che stava seguendo su internet, e di Andrea, il 15enne precipitato dal tetto di un centro commerciale su cui era salito probabilmente per scattarsi un selfie ad alto tasso di spettacolarità ed emozione.

Nei commenti degli esperti subito interpellati non sono mancati gli appelli alla responsabilità e all’educazione. Fra le cause – si è detto – c’è anche il paradosso che, mentre i genitori diventano sempre più protettivi e ossessionati dai disagi che i loro figli devono affrontare, la Rete resta un luogo in cui i giovanissimi si trovano spesso soli e senza aiuti e difese.

Spegnere tutto certo non si può, e allora che fare? Fra le difficoltà che gli adulti si trovano davanti c’è anche il fatto che i loro figli sono molto più esperti nel manovrare la tecnologia, così che là dove i giovani si muovono con agilità coloro che dovrebbero educarli arrancano e si smarriscono. Potrà sembrare un’impresa titanica, ma le cose vanno riportate in equilibrio.

Si possono riconoscere numerose attenuanti a genitori e insegnanti, ma si deve chiedere loro di non restare troppo indietro rispetto alla dimestichezza con un mondo che tra l’altro è ormai anche il loro. E non solo per la sua potenziale pericolosità, quanto per le occasioni di incontro e dialogo di vita con i ragazzi che vi sono contenute.

Enormi, poi, sono i compiti che spettano a chi la Rete la costruisce e la porta, a pagamento, nelle nostre case. Come in passato c’era la tv dei ragazzi o i giornalini per i più piccoli, oggi non manca il Web per i bambini. Con una differenza però rispetto ad altri media: che da lì è facile raggiungere “territori” tutt’altro che a misura di chi sta crescendo.

“Sebbene l’app sia stata progettata per escludere i contenuti non adatti ai bambini, non esaminiamo manualmente tutti i video. Esiste pertanto la possibilità che il bambino incorra in contenuti che non vorresti guardasse”. È questo il messaggio che compare all’inizio di YouTube Kids, il servizio per i più piccoli recentemente aperto dal noto portale di video online. Poche parole che possono aprire a due scenari del tutto opposti.

Riconoscere la propria resa davanti al gigante cattivo che fa di noi ciò che vuole, oppure mettercela tutta per umanizzare il cyber-continente, senza delegare la responsabilità educativa e chiamando ognuno a fare la propria parte.