Le ultime persone “umane”

Le ultime persone "umane" Benanti, che è anche frate francescano, condensa nel libro gli studi, le pubblicazioni, gli incontri degli ultimi anni, presentandoli con un linguaggio accessibile a tutti.

Questa generazione potrebbe essere l’ultima “umana”. Provoca fin dalla fascetta in copertina il recente volume di Paolo Benanti “Digital Age. Teoria del cambio d’epoca. Persona, famiglia e società” (San Paolo, 2020).

L’autore, teologo e docente, è fra i massimi esperti di innovazione digitale e intelligenza artificiale. Non dal punto di vista ingegneristico o elettronico, ma da quello etico e filosofico. In altre parole, è un acuto studioso del rapporto tra l’uomo e la tecnologia.

Benanti, che è anche frate francescano, condensa nel libro gli studi, le pubblicazioni, gli incontri degli ultimi anni, presentandoli con un linguaggio accessibile a tutti. Il campo di indagine è amplissimo: si va dal postumano agli algoritmi, dalla neuroetica ai risvolti culturali della trasformazione digitale, compresa la comprensione odierna del corpo e della sessualità. L’intenzione dell’autore è quella di osservare e descrivere il cambiamento attuale, cercando se possibile di stenderne una teoria o, come lui stesso afferma, affrontando un “viaggio nel cuore dell’uomo, del nostro contemporaneo, cercando di comprendere come stia oggi cercando la verità, quale sia il suo atteggiamento nell’affrontare la finitudine e la radicalità dell’esistenza umana”.

Lungo questo viaggio ci imbattiamo così nei biohacker, che per 20 dollari offrono un kit per modificare il proprio Dna. La domanda è ineludibile: stiamo per realizzare l’uomo sintetico? Non è solo una questione di possibilità tecniche, alla base c’è la convinzione che, per conquistare una “pienezza di vita” occorra un “miglioramento” garantito solo da strumenti esterni. Basti pensare alla farmacologia applicata a facoltà cognitive quali l’attenzione e la memoria, non tanto a scopo curativo ma all’interno di una visione dell’uomo come un essere malleabile, suscettibile di innumerevoli trasformazioni. Un uomo il cui valore è dato dalle informazioni contenute nel suo corpo biologico e in cui i confini tra naturale e artificiale sono sempre più indistinguibili.

La prima conseguenza di questa filosofia cosiddetta postumana o transumana è lo svuotamento del concetto di dignità umana, relegato a una fase storica e a un apporto culturale religioso. Un’idea considerata “vecchia”, con le conseguenze che ne derivano in termini scientifici e anche giuridici. È forse la questione più calda rilanciata nel volume da padre Benanti, la prima sfida di questo cambio d’epoca: riuscire ad esprimere in parole comprensibili alla prossima generazione il valore e l’unicità del nostro essere persona.