Risucchiati da TikTok

Risucchiati da TikTok Nasconde varie insidie, fra cui le “challenge”, ossia le sfide fra gli utenti, a volte estremamente pericolose, come quella che prevede l’assunzione di farmaci. Inoltre, se su Facebook e Instagram decidi tu chi vedere e “seguire”, su TikTok è l’algoritmo a decidere i contenuti

Si è parlato molto nelle ultime settimane di TikTok, il social network cinese che spopola fra i giovanissimi. A fare rumore l’annunciata proibizione dell’app negli Stati Uniti, poi sospesa in seguito a un accordo miliardario fra l’azienda cinese e i suoi partner americani.

Se i teenager d’oltreoceano tirano un sospiro di sollievo, restano vive le preoccupazioni di molti educatori per alcuni messaggi veicolati dalla piattaforma. A governare Tik-Tok è un algoritmo che propone video di breve durata realizzati da utenti di tutto il mondo. Scaricata su oltre due miliardi di smartphone, l’app è tutt’altro che innocua.

Nasconde varie insidie, fra cui le “challenge”, ossia le sfide fra gli utenti, a volte estremamente pericolose, come quella che prevede l’assunzione di farmaci. Inoltre, se su Facebook e Instagram decidi tu chi vedere e “seguire”, su TikTok è l’algoritmo a decidere i contenuti.

L’agenzia Sir ne ha parlato con don Alberto Ravegnani, il giovane sacerdote di Busto Arsizio salito agli onori della cronaca per i suoi video su YouTube. “Il problema di questo ‘social’ rispetto agli altri – spiega il prete – è proprio che non dà spazio all’argomentazione. L’obiettivo è colpire, impressionare emotivamente lo spettatore. Se vuoi far passare un messaggio è molto difficile perché serve prima catturare l’attenzione del tuo spettatore. Questo rende diverso TikTok rispetto agli altri social ed è, in un certo senso,  pericoloso perché c’è il rischio di sbilanciarsi solo sulla forma a scapito del contenuto. E questo alla lunga cambia il cervello della gente”.

Oltre all’immediatezza e alla (apparente) informalità, tra i motivi del successo dell’app cinese vi è anche il ridotto spazio lasciato ai commenti, che fa sì che il fenomeno degli haters non raggiunga le proporzioni assunte negli altri social. In ogni caso – continua don Alberto – “metterei in guardia i ragazzi dal rischio di rimanere ‘risucchiati’ dentro l’algoritmo guardando in maniera ossessiva un TikTok dopo l’altro”. Lo spettro della dipendenza è dietro l’angolo.

E agli adulti cosa si può consigliare? “Io francamente direi ai genitori di non dare TikTok ai figli”, risponde il giovane sacerdote. “I ragazzi lo vedono come un gioco, ma purtroppo poi vedono di tutto, non possono selezionare i contenuti da vedere. Un bambino delle elementari o anche delle medie non è in grado di fare discernimento. I genitori, poi, non possono controllare quello che hanno guardato i figli. Se si chiude l’applicazione, quando si riapre non si rivedono le stesse cose”.