Una società di umani e robot che vivono fianco a fianco
Una società di umani e robot che vivono fianco a fianco Era un pubblico delle grandi occasioni quello che ha affollato le aule dell’Università Cattolica di Milano, il 9 ottobre scorso, per ascoltare le parole di Hiroshi Ishiguro, il professore dell’università di Osaka considerato la massima autorità a livello internazionale in tema di robotica e intelligenza artificiale
Era un pubblico delle grandi occasioni quello che ha affollato le aule dell’Università Cattolica di Milano, il 9 ottobre scorso, per ascoltare le parole di Hiroshi Ishiguro, il professore dell’università di Osaka considerato la massima autorità a livello internazionale in tema di robotica e intelligenza artificiale.
Lo scienziato giapponese non ha deluso le aspettative, delineando la sua visione del mondo di domani: una società nella quale gli esseri umani e i robot vivranno insieme e in cui saranno superati molti dei limiti attuali del corpo, del cervello, dello spazio e del tempo.
Fantascienza? Certo non per Ishiguro, che ha anche indicato una data non troppo lontana per l’avverarsi di questo scenario: entro il 2050.
Lui il proprio avatar, un robot umanoide con le sue fattezze, l’ha costruito fin dal 1999.
Ma in futuro tutti potremo esserne dotati e utilizzarlo per sostituirci in molti campi, liberandoci così dalle mansioni più pesanti e ampliando il nostro tempo libero.
Lo scienziato ne è certo: i robot miglioreranno la nostra vita, rendendola più aperta e inclusiva, ad esempio verso i disabili e gli anziani.
«La differenza tra uomo e animale – ha spiegato – risiede nell’utilizzo della tecnologia e lo sviluppo tecnologico non si ferma mai».
La strada da seguire, quindi, è arricchire la nostra vita grazie alla tecnologia e alle sue innovazioni. «Questa è una evoluzione per l’uomo», ha assicurato.
L’unica incertezza il professore l’ha mostrata quando ha aggiunto che «ci sono questioni etiche e di sicurezza da affrontare».
Negli stessi giorni, a Brescia, andava in scena il primo Festival internazionale dell’educazione, dedicato alle “Comunità educative”.
Qui però la prospettiva era del tutto diversa: altro che motore di civiltà, per i pedagogisti l’intelligenza artificiale non sarà mai nemmeno un buon insegnante.
Se lo scopo dell’istruzione fosse semplicemente la trasmissione della conoscenza da chi ce l’ha a chi non ce l’ha – questo l’argomento cardine della riflessione – ChatGpt sarebbe un professore imbattibile, il migliore di tutti, perché ha accesso a tutte le informazioni del mondo.
Ma se il fine dell’educazione è quello di ispirare, di far crescere esseri umani completi, con un senso di cura e di impegno nei confronti del mondo, come solo una relazione autentica può, allora l’intelligenza artificiale sarà un’insegnante terribile, perché può fare tante cose, ma non può “fare la differenza”, come un buon maestro, nella vita di bambini e ragazzi.