Dall'Italia
Salute mentale. Disagio psicologico per 6 italiani su 10. Boom di psicofarmaci tra gli adolescenti
Il 60,1% degli italiani convive da anni con uno o più disturbi della sfera psicologica. Ne soffrono di più le donne (65%) e i giovani della Generazione Z (75%, con punte addirittura dell’81% tra le ragazze). A scattare la fotografia è l’Inc Non Profit Lab, il laboratorio dedicato al Terzo Settore di Inc – PR Agency Content First, attraverso la ricerca “L’era del disagio” – 1001 interviste ad un campione di 18-75enni residenti in Italia rappresentativo della popolazione italiana – realizzata in collaborazione con AstraRicerche e diverse Organizzazioni non profit (Onp) con il patrocinio di Rai per la sostenibilità-Esg, e presentata il 9 ottobre presso la sede Rai di Viale Mazzini alla vigilia della Giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre).
Tra i problemi più ricorrenti disturbi del sonno (32%), forme d’ansia (31,9%), stati di apatia (15%), attacchi di panico (12,3%), depressione (11,5%) e disturbi dell’alimentazione (8,2%); un disagio cui gli italiani reagiscono con un preoccupante “fai da te” escludendo medici e specialisti.
Alcuni hanno cercato le risorse in sé stessi o hanno ricevuto aiuto da amici e parenti; il 27,6% ha assunto farmaci senza prescrizione; solo il 22,9% si è rivolto al medico generico e il 22,1% ad uno specialista.
Guerra, povertà, inflazione, crisi climatica, emergenze sanitarie le cause del malessere indicate dal 35,1% del campione. A seguire difficoltà a relazionarsi con il mondo, soprattutto per i giovani della Generazione Z; insoddisfazione per i propri percorsi professionali (22,4%) e reazione a pressioni sociali troppo forti su obiettivi scolastici o sportivi (22,3%); stress da lavoro troppo pervasivo o da disoccupazione se non si riesce a trovarlo (46,5%); bullismo e violenza fisica e verbale (42,1%); dipendenza da tecnologie e social media (35,6%); timore di abusi sessuali e violenza di genere (31,1%); mancanza di accesso a servizi sanitari di tipo psicologico e psichiatrico (30,6%); forme di discriminazione quali razzismo, omofobia e sessismo (28%).
Un malessere che viene da lontano. Il Covid-19 “ha creato la ‘tempesta perfetta’ per far esplodere un male oscuro che covava da decenni”, afferma il vicepresidente di Inc, Paolo Mattei, secondo il quale “sarebbe sbagliato cercare di risolvere la complessità del fenomeno scaricandone la responsabilità su un fattore imprevedibile ed eccezionale come la pandemia”. “I mali della nostra società” rimandano a “cause di tipo culturale e sociale” che, solo “analizzate e comprese, potranno essere efficacemente affrontate a livello collettivo”. Ed anche una buona comunicazione può fare la sua parte: “Tutti noi comunicatori – media, influencer, Onp, società di consulenza come la nostra – osserva il presidente di Inc Pasquale De Palma – siamo chiamati a contribuire a una narrazione del disagio più attenta e più efficace, perché a volte, se non spesso, il modo in cui il disagio viene comunicato non aiuta”.
Teenager e psicofarmaci. Nel nostro Paese, rivela ancora la ricerca, il 10,8% dei ragazzi tra 15 e 24 anni assume psicofarmaci senza prescrizione medica. Una percentuale quasi raddoppiata rispetto al 6,2% del 2021 certificato dall’Istat. Perché lo fanno? “Per dormire, per dimagrire, per essere più performanti negli studi”, si legge nell’indagine secondo la quale tra gli studenti la percentuale di chi cerca un “aiutino” negli psicofarmaci sale fino a oltre il 18% del totale. Una generazione che “su Tik Tok pubblica voti e classifiche sulla ‘efficacia’ dei medicinali, parlando senza remore del proprio disagio psicologico davanti a milioni di estranei”.
Alimentare il desiderio. Questa fragilità, sottolinea lo psicologo Stefano Gheno, presidente di Cdo Opere sociali e membro effettivo del Consiglio nazionale del Terzo Settore, è la “reazione ad un tempo d’incertezza strutturale che produce deficit di speranza e di desiderio, carburante indispensabile ad alimentare una possibilità di cambiamento vissuta non come sciagura, ma come opportunità”. “Senza desiderio non c’è energia”; per questo, afferma, occorre “assumere un nuovo punto di vista, fondato sul guardare e ascoltare la realtà di oggi, ponendoci di fronte ad essa in un atteggiamento di domanda, rischiando ipotesi di lavoro da verificare in modo sperimentale” senza “paura di sbagliare”.
Un servizio pubblico attrattivo per i giovani. Sul tema della comunicazione ritorna Roberto Natale, direttore di Rai Per la Sostenibilità-Esg: “Attrarre il pubblico giovane, in particolare con l’online e i social; ampliare l’offerta informativa sui disturbi alimentari, contrastare bullismo e cyberbullismo. In materia di giovani il Contratto di servizio in dirittura d’arrivo assegna alla Rai numerosi compiti”: di qui il richiamo a programmi degli ultimi anni su su RaiPlay e RaiPlay Sound che hanno dato la parola a ragazzi e ragazze, “soggetti titolati a parlare”. Storie – conclude Natale – “che nella loro necessaria durezza vanno verso quella ‘corretta narrazione’ che il Terzo settore chiede al mondo dei media”.
La voce del terzo Settore. Per arginare il disagio psicologico crescente servono politiche adeguate di supporto sociale (80%), fondi adeguati (63%), maggiore attenzione istituzionale sul tema (60%) e l’aiuto dei media per continuare a tenere alta la guardia sull’argomento (45%). Questo, in estrema sintesi, il parere espresso da una quarantina di Organizzazioni non profit (Onp) attive sul campo, contenuto nella ricerca. Il 70% di queste Onp – tra cui Actionaid, Caritas, CdO Opere sociali, Serafico di Assisi, Save the Children, Terre des hommes – ha aumentato i propri servizi per fronteggiare l’emergenza, ma solo il 43% degli enti ha avuto fondi pubblici e appena il 3% li ha ritenuti adeguati alle proprie esigenze. Anche sul fronte degli interventi si riscontra un senso di limitazione e impotenza: il 43% ha offerto sportelli di assistenza psicologica (gratis o a prezzo ridotto), sensibilizzazione sulle persone in generale (28%) e informazione mirata su chi soffre di problemi psicologici (25%). Attivati numeri vedi e siti internet di assistenza (20%) e creati team di sostegno nelle scuole (15%). Tutto il possibile, ma “evidentemente non è ancora abbastanza per un tema che non può essere risolto al di fuori delle dinamiche di prevenzione, assistenza e cura offerte dallo Stato”, concludono le Onp.