San Tommaso d’Aquino, il bue che divenne dottore della Chiesa

Figlio del conte Landolfo, nacque a Roccasecca, un pugno di case a ridosso di Aquino, nel Lazio meridionale, territorio da sempre conteso tra il papato e i Borboni, nel Regno di Napoli. Ancora piccolo fu portato a Montecassino, nella culla de monachesimo italiano e lasciato come donato (oblato) per apprendere gli studi. Successivamente si trasferì a Napoli per frequentare l’università fondata da Federico II qualche anno prima.

Entrò nell’Ordine dei Predicatori di san Domenico di Guzman (1247). Divenne sacerdote ed ebbe la fortuna di avere come maestro e tutor un certo Alberto Magno, (1252) seguendolo prima a Parigi e poi a Colonia. Parigi era la sua seconda casa, lì insegnava teologia, andava e veniva. Nel 1257 ebbe la qualifica di magister. Rientrò in Italia assumendo la docenza all’università napoletana. Negli anni successivi alternò periodi di permanenza in Italia, dove tra l’altro si occupò di riorganizzare gli studi dell’ordine domenicano. 

Nel 1274 il papa Gregorio X (beato) lo inviò a Lione per partecipare al Concilio Ecumenico lì riunito. Si ammalò durante il viaggio e a Lione non ci arrivò mai. Il suo cuore si fermò a Fossanova in un convento dove si era fermato per riposare. Era il 7 marzo 1274.

Canonizzato da Giovani XII, Pio V (santo) o dichiarò doctor angelicus. Dotato di grandissimi doni di intelletto che trasmise agli altri con discorsi e scritti la sua straordinaria sapienza. Amò senza riserve la SS.ma Eucaristia a lui si deve lo ultra-famoso “Panis angelicus” e tanti altri inni, laudi e preghiere eucaristiche. Il suo atteggiamento silenzioso e taciturno e la grande mole (si narra che fosse obeso) i suoi compagni cominciarono a chiamarlo il bue muto. Ma Alberto Magno, resosi conto della cosa lì apostrofò: “Voi lo chiamate il bue muto, ma io vi dico che quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da una estremità all’altra della Terra”. Niente di più profetico…