Dalla Chiesa
Santa Gertrude Magna
“…il cuore è il luogo della presenza ineffabile della grazia e stanza per l’incontro con Dio” (Dagli scritti di santa Getrtude di Hefta detta la Grande)
Anno Domini 1256. Gertrude nacque il 6 gennaio da una famiglia nobile e illustre di Eislenberg, nella Sassonia. All’inizio del Medioevo il termine “Sassonia” si riferiva a una regione differente, che occupava l’area degli odierni stati della Bassa Sassonia, di Brema e della Vestfalia settentrionale. A cinque anni fu portata in un monastero cistercense di Helfta. Questa abbazia era stata fondata dal conte Burchard di Mansfield nel 1229, era guidato dalla badessa Gertrude di Hackerborn, che governò per quarant’anni. Gertrude fu affidata a suor Matilde sorella della badessa (anche lei diverrà santa, la vedremo più avanti) che scoprì in Gertrude un’allieva esemplare. La piccola era dotata di forte volontà, ingegno e di una penetrazione spirituale straordinaria. Capirono subito che quella bimba avrebbe fatto parlare di lei in un futuro prossimo. Il latino le divenne familiare, la mistica, i libri ispirati erano il suo pane quotidiano, che i più abili dottori e maestri ebbero a stupirsi della sua vasta erudizione. Passione per lo studio e vita di raccoglimento e preghiera.
Il 27 gennaio dell’anno del Signore 1282, ebbe una visione di Gesù che le apparve rincuorandola della crisi spirituale che le aveva “tagliato le gambe” atterrendola due mesi prima: “Presto o mia amata, verrà la tua salvezza”, e vidi , racconta nelle sue Rivelazioni, quella mano divina prendere la mia in segno di solenne ratifica di quella promessa. “Tu, continua Gesù, hai lambito la terra coi miei nemici e hai succhiato il miele aderente alle mie spine; ritorna a me ed io ti farò buona accoglienza inebriandoti al torrente delle mie gioie divine”. È chiaro che il Signore Gesù faceva riferimento alla crisi avuta da Gertrude. Era distrutta moralmente, si sentiva abbandonata, isolata, senza un’anima cui poter confidare le sue pene d’amore, senza un appoggio che la sostenesse. Perciò si rivolse tutta verso Dio e si senti attirata da Lui. Ancora. Vigilia dell’Annunciazione, Gertrude cantando in coro l’Ave Maria ebbe una visione e vide scaturire dal cuore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, tre zampilli che scendevano e penetravano nel cuore della Vergine Maria e risalivano alla loro sorgente. E udì una voce che le disse: “Dopo la Potenza del Padre e, la Sapienza del Figlio, la Tenerezza misericordiosa dello Spirito Santo, nulla è paragonabile alla Potenza, Sapienza e Tenerezza misericordiosa di Maria”. Ebbe a comprendere che ogni anima che avesse recitato con profonda devozione l’Ave Maria e contemplato il divino mistero, in lei si sarebbero accresciuti tesori spirituali di cui l’Incarnazione del Figlio di Dio l’aveva già arricchita.
Gertrude fu veramente inebriata al torrente delle gioie divine. Ella fu per speciale grazia, la prima vera propagatrice della devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù. La missione di far conoscere al mondo l’amore del Cuore l’ebbe quattro secoli dopo la monaca visitandina suor Margherita Maria Alacoque. Gertude ricevette ancora Gesù in visione, mentre lei concludeva il suo libro autobiografico: l’araldo del divino amore. Le disse: “Questo libro è mio e lo tengo impreso infondo al mio Cuore, ivi ciascuna lettera si è imbevuta della mia divinità e chiunque, a mia gloria, lo leggerà con umile divozione, ne ritrarrà frutto per la salute eterna dell’anima sua”. Nel giorno della festa di san Martino di Tours, l’11 novembre 1301, Gesù la visitò un’ultima volta e le disse: “Presto ti toglierò da questa vita”. Il mercoledì di Pasqua, dell’anno dopo, si sentì chiamare: “Vieni , mia eletta, ed io farò di te il mio trono”. Era l’avviso di prepararsi alla morte e a lasciare questa terra per sempre, che avvenne poco dopo. Era il 17 novembre.
La Chiesa l’ha riconosciuta santa e canonizzata ne 1667 e ne celebra la memoria liturgia il 16 novembre. Nella iconografia la distinguiamo da altre sante vestita con l’abito monastico cistercense bianco e nero, il pastorale in mano, un cuore sul petto o in mano, sovrastato da una fiammella o un bambino sempre nel petto a simbolo del redentore.