Sant’Ambrogio, il politico romano che conquistò Milano

Una delle figure più importanti nella Chiesa del IV secolo. Vescovo, Dottore della Chiesa, scrittore, teologo e soprattutto santo romano. Uno dei principali quattro Dottori della Chiesa d’Occidente assieme a Girolamo, Agostino e papa Gregorio I detto Magno. Patrono della Chiesa Milanese che prenderà da lui l’incipit per il culto liturgico detto appunto Ambrosiano, differente da quello Romano. Insieme a san Carlo Borromeo e san Galdino detengono il patronato della città meneghina. Molto amato e venerato dai suoi nuovi conterranei adottati. A lui Milano ha dedicato una basilica che custodisce, gelosamente le sue sante spoglie.

Nasce Aurelius Ambrosius, intorno al 339-340 a Treviri (Augusta Treverorum) diventa un funzionario e politico dell’impero. Abitava con la famiglia in Germania, nella Gallia Belgica (oggi Renania-Palatinato), come abbiamo detto nella città di Treviri. Figlio di un magistrato di nobili discendenze romane di rango senatoriale, la gens aurelia. La famiglia da parte di madre apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci, quindi era anche imparentato con l’oratore Quinto Aurelio Simmaco. Ambrogio ha tutto per divenire un personaggio di spicco nelle corti e nelle aule di giustizia. Si pensa che abbiano antichi legami con una santa parente: santa Sotere, martire cristiana che preferì morire che cadere nel peccato. Una sorella e un fratello che diverranno anche loro santi: Satiro e Marcellina (che si consacrò a Dio nelle mani di papa Liberio nel 353). Ambrogio maturò lo studio amministrativo sulle orme del padre, che morì presto, compì gli studi di routine: trivium, quadrivium, imparò greco, e si applicò con costanza nello studio di diritto, retorica e letteratura. Divenne ben presto avvocato, ufficio che esercitò a Sirmio in Pannonia Inferiore. Nel 370 fu incaricato come governatore dell’Italia Annonaria per la provincia romana Aemilia-Liguria con la sede presso Mediolanum (Milano). La sua bravura lo portò a inserirsi presso la corte dell’imperatore Valentiniano I. È nel 374 d.C. che avviene la svolta della vita. Alla morte del vescovo milanese Aussenzio della fazione ariana, racconta il biografo Paolino, Ambrogio, come magistrato era preoccupato di sedare i contrasti tra le due fazioni cristiane in corso: da una parte e gli ariani dall’altra i cattolici. Il popolo era in continuo fermento. Tutti si erano riuniti in chiesa, popolo e clero, ad urlare a squarciagola le proprie convinzioni. Quando a un certo punto una voce sorpassa le altre. È un bambino che strilla a più non posso: “Ambrogio vescovo! Ambrogio vescovo!”, a cui fece eco l’acclamazione unanime e convinta del popolo meneghino. I milanesi volevano per antistite (il vescovo) un cattolico. Ambrogio rifiutò declinando l’invito, sentendosi impreparato. Era cristiano ma non ancora battezzato. Ancora meno aveva la preparazione teologica e tutto il resto dello studio era quanto mai carente. Si sentì giustificato a rifilare alla folla il “due di picche”! Si racconta che per dissuadere ancora meglio e così convincere a scegliere qualcun altro, Ambrogio, cercò con astuzia e malizia di macchiare la sua fedina penale o la reputazione immacolata condannando alla tortura alcuni imputati e invitando alcune donnacce di strada a sedere con lui in casa. Vox populi, vox Dei… quando il popolo decide…  I milanesi un po’ indispettiti e inaspettati dal rifiuto si rivolsero all’imperatore Flavio Valentiniano che era il datore di lavoro di Ambrogio. Il nostro santo dovette cedere considerando che fosse questa per lui la voce di Dio nei suoi confronti. Si fece battezzare nel battistero di Santo Stefano alle Fonti a Milano e il 7 dicembre 374 fu unto vescovo. Passarono gli anni…

Non possiamo, in questo nostro breve racconto non ricordare la conversione di sant’Agostino da parte di Ambrogio che fu per lui padre e maestro e lo strafamoso scontro “a muso duro” con Teodosio. C’era stata una efferata strage a Tessalonica di cui Teodosio si era macchiato di colpevolezza. Teodosio era sul sagrato della cattedrale. Certo di poter entrare senza problemi. Ambrogio glielo impedì. E quando Teodosio, per scusarsi, addusse l’esempio del Re Davide, il santo vescovo rispose di botto: “Se avete imitato Davide nel peccato, imitatelo anche nella penitenza!”. Non le mandava certo a dire.. Finalmente, dopo molte lotte e sacrifici, Ambrogio andò a ricevere la corona delle sue fatiche in Cielo. Era il 4 aprile dell’anno 397.   

 

“Vero pastore e maestro dei fedeli, fu pieno di carità verso tutti, difese strenuamente la libertà della Chiesa e la retta dottrina della fede contro l’arianesimo e istruì nella devozione il popolo con commentari e inni per il canto”. (dal Martirologio Romano)