Sant’Andrea Dung-Lac e i suoi compagni di martirio

I cristiani della prima Chiesa in Vietnam, nel primo ventennio del XVII secolo si erano inseriti alquanto bene nel territorio. Il primo fu il fondatore, padre Alexander Rhodes, uno dei primi Gesuiti a sbarcare nel porto di Tourane (oggi Da Nang). Si viveva in pace tra cristiani e pagani da convertire. Poi improvvisamente una forte siccità devastò le pianure della regione dalla Conchincina (la parte meridionale) si scatenò l’ira della popolazione de scaricò la colpa sui missionari per la loro predicazione, a parer loro i gesuiti e i loro adepti non avessero rispetto per i defunti. I padri missionari se la diedero a gambe levate spostandosi nella regione chiamata Tonchino. Il seme della Parola fu seminato con successo, ma anche qui il diavolo ci mise lo zampino. Cominciarono le difficoltà: accusarono i missionari di minare o ledere le fondamenta dello Stato: proibivano la bigamia, il gioco d’azzardo, il libertinaggio e distruggevano le immagini del culto nazionale. Passarono gli anni e aumentavano le ostilità. I padri gesuiti dovettero ancora una volta fare armi e bagagli e levare le tende… siamo nel 1644. Le minacce lasciarono il posto ai fatti di sangue. Durante il regno di Minh Mang la persecuzione divenne spietata: anche chi osava solo nascondere i cristiani veniva condannato a morte. Anche Tu Duc che ne prese il posto come governatore odiava tutto ciò che fosse europeo, non distinguendo la politica dalla religione. Furono bandite delle vere “cacce all’uomo” con premi di 300 once d’argento per chi collaborasse o consegnava loro cristiani. I missionari patirono crudeltà severe, non meno i catechisti: i padri e i laici stranieri venivano sgozzati, mentre ai catechisti del luogo veniva impressa una scritta rovente sulla faccia: tao dao ovvero “falsa religione” e pubblicamente disprezzati e disonorati. Ai fedeli convertiti che avrebbero calpestato la croce o sputato sopra ad immagini sacre davanti ad un giudice, veniva salvata la vita. Nel 1700 la Chiesa dell’Est cominciava nonostante le continue persecuzioni ad espandersi soprattutto al Nord. Aumentavano pian pianino le adesioni alla nuova fede, le vocazioni al sacerdozio, ma gli scontenti controbilanciavano il peso con numerose manifestazioni di intolleranza. Fino al XIX secolo si susseguirono più di 50 editti contro i cristiani che provocarono l’uccisione di più 120 mila fedeli circa.

La santa Sede innalzò all’onore degli altari 117 di loro: 64  da Leone XIII nel 1900, 8 nel 1906 e 20 nel 1909 da san Pio X e 25 da papa Pacelli Pio XII nel 1951. Sono unificati in un solo gruppo e canonizzati da papa Giovanni Paolo II, che nel dichiararli “patroni del Vietnam” con la lettera apostolica Si quidem cunctis del 14 dicembre 1990. Il gruppo dei 118 comprende: 8 vescovi, 50 sacerdoti, 59 laici (tra cui medici, militari, sposi-padri di famiglia e una mamma. La canonizzazione incluse anche martiri giustiziati in Indocina, la maggioranza, tra il 1833-1840 e tra il 1859-1861. Il front-man di questo folto gruppo è: Andrea Dunc-Lac, prima catechista e poi sacerdote che riscosse in Vietnam, già dal martirio, una particolare devozione. La stragrande maggioranza di questi “confessori della fede” sono stati sepolti un po’ a caso, in modo anomalo. È successo in tutte le persecuzioni.. ma la loro memoria globale rimane viva nella comunità cristiana.

In conclusione dai primi martiri per la fede, i Santi Innocenti ad oggi, uno stuolo di persone che hanno dato il sangue per amore del Signore, come segno di appartenenza a lui.

 

            “Ecco: vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in  vesti candide…

             …queste vesti sono rese candide perché lavate nel sangue dell’Agnello”                                                                                                                                                                      (Ap 7, 2-4.9-14)

 

 

 

“Quando l’amore supera ogni ostacolo, anche la violenza e la morte stessa”