Scuola al via tra mille timori, a colloquio con il provveditore regionale Stefano Versari

Sarà un primo giorno per tutti: insegnanti, presidi, alunni e genitori perché una scuola così nessuno aveva mai sperimentata. Timori, difficoltà e impaccio, da un lato, ma anche la sfida dell’apprendimento e della crescita personale che può portare lontano.

Riassume così l’avvio di questo anno scolastico 2020/2021 così particolare Stefano Versari, dirigente dell’Ufficio scolastico regionale. Con lui affrontiamo i principali nodi della ripartenza a scuola.

Provveditore Versari, partiamo dal tema organici. È arrivato il cosiddetto “organico Covid”?

È arrivato venerdì ed è stato riassegnato alle scuole in base alle loro richieste: si tratta di 120 milioni di euro (oltre 6 milioni e 200mila euro per la privincia di Ravenna) per l’assunzione di personale scolastico ad hoc per l’emergenza. Significa circa 6mila docenti in più, che verranno assunti direttamente dalle scuole. In questo modo, dai 72.500 dipendente della scuola del 2018 si passa a 79.500, il 10% in più.

Molti dei quali precari, però…

Sì, il problema è evidente per quel che riguarda gli insegnanti di sostegno. Ho appena autorizzato altri 5mila posti in deroga perché nelle graduatorie non ci sono insegnanti di sostegno con il titolo adeguato. Il problema è a monte: se l’università ne forma (a numero chiuso) circa 500 l’anno, cioè il 5% del fabbisogno, non bastano nemmeno per coprire i pensionamenti. I supplenti ci sono dappertutto, ma in questa classe di concorso i problema è particolarmente grave anche perché la continuità didattica è ancor più necessario. Si può intervenire solo per via parlamentare.

Tema sicurezza. È tutto chiaro a professori e famiglie?

Io credo che nelle scuole sia ormai tutto chiaro. Per quel che riguarda le famiglie, credo si siano esasperati alcuni dati di realtà in una forma di paranoia sociale alimentata anche dai media. La questione è semplice: serve un metro di distanza da bocca a bocca. Quando non c’è o quando ci si muove dal banco, va indossata la mascherina. Poi bisogna areare gli ambienti e ridurre il mobilio.

Tutto chiaro anche in caso di contagio?

Su quello le indicazioni ci sono state date a fine agosto in base all’andamento epidemiologico: alla scuola compete isolare lo studente o che presenta sintomi in un locale, avvertire i genitori e la sanità pubblica: saranno poi loro a dirci cosa fare, chi dovrà fare il tampone e chi dovrà stare in quarantena. Comprendo i timori: quest’anno sarà un primo giorno di scuola delle elementari un po’ per tutti. Bisogna re-imparare a stare a scuola in modo diverso.

Come sarà quest’anno scolastico?

Purtroppo noto una certa frantumazione della coesione sociale, ognuno vede la realtà a modo suo. è un problema perché la scuola si fonda sulla coesione sociale. D’altra parte, è bene ripartire perchè si è parlato di tutto meno che di scuola. La relazione è fondamentale ma c’è bisogno di apprendimento. Questo è certamente un tempo diverso dai precedenti ma abbiamo anche molti strumenti in più da spendere. Un esempio su tutti: quel che abbiamo fatto sul digitale, un patrimonio di esperienza che ci permetterà di sperimentare strade nuove per l’apprendimento.

Tra gli scenari peggiori è contemplato anche un altro lockdown per la scuola?

Non ci torneremo perchè siamo preparati.

Lei ha lanciato l’allarme sul fatto che gli alunni  non saranno gli stessi dell’anno scorso e sul possibile aumento delle situazioni di disagio.

Si tratta di ricominciare a insegnare tenendo conto non di quel che io comunico ma anche di come ciascuno è in grado di apprendere. Anche per questo l’insegnante è un mestiere che fa “tremare i polsi”.