Cesena
Sei nuovi direttori all’ospedale Bufalini
Stamane all’Ospedale Bufalini il direttore generale dell’Ausl Romagna Tiziano Carradori e il direttore sanitario Mattia Altini hanno presentato sei nuovi di quelli che una volta si sarebbero definiti Primari e che oggi sono direttori di strutture complesse.
Alcuni già in servizio da mesi, altri già facenti funzioni, i nuovi nominati, tutti piuttosto giovani, come li ha definiti lo stesso Carradori, sono Claudio Lazzari, direttore del presidio ospedaliero Cesena che comprende gli ospedali di Cesena, Cesenatico e San Piero in Bagno, Federica Matteucci, direttore della Medicina nucleare della Romagna; Claudio Graziano, direttore della Genetica medica della Romagna; Raffaella Francesconi, direttore Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza di Cesena; Luca Montaguti, direttore della Medicina interna di Cesena e Cesenatico; Antonella Brunelli, direttore della Pediatria e Consultorio Familiare di Cesena.
Al dottor Lazzari, che proviene da analoga esperienza romana, e dopo diverse esperienze al Sant’Orsola Malpighi, e ha affrontato i fabbisogni organizzativi del Bufalini in questi mesi di pandemia, spetterà il compito di approdare al futuro nuovo ospedale dotandolo di accoglienza, accessibilità, qualità. Antonella Brunelli completa il suo percorso professionale iniziato come pediatra ospedaliera, proseguito come direttore di Distretto approdando ora alla pediatria di Comunità e al consultorio in un momento che deve fare i conti, tra l’altro, con l’emergenza del disagio psichiatrico degli adolescenti. Federica Matteucci si occuperà di un servizio su scala aziendale qual è la Medicina nucleare, in grado di dare risposte sia diagnostiche che terapeutiche, preparandosi ad accogliere pazienti da diversi territori e operando in stretto connubio con l’Irst di Meldola. Analoga punta di eccellenza, la Genetica medica che va dalla diagnosi prenatale agli impianti terapeutici in ambito oncologico, non farà solo ricerca, ha specificato il dottor Graziano, ma anche ambulatorio, attività che ha registrato un incremento sostanziale negli ultimi mesi, specialmente per la diagnosi pre-natale. Raffaella Francesconi, in capo alla delicata area Pronto Soccorso ed Emergenza che ha svalicato il difficile momento della pandemia, dovrà affrontare lo sviluppo di un servizio che attualmente soffre di una carenza di medici del 26 per cento rispetto al fabbisogno. A Luca Montaguti spetterà la gestione del paziente complesso che si affaccia alla Medicina interna, la maggior parte delle volte dal Pronto soccorso, tenendo il contatto finanche ai medici di Medicina generale.
Del resto “nessun ospedale può lavorare svincolato dal territorio” ha esordito il direttore Carradori presentando i nuovi suoi stretti collaboratori e sottolineando il tema dell’”integrazione organizzativa” per la quale il Pronto Soccorso deve poter parlare agilmente con la Medicina Interna oppure la Pediatria ospedaliera debba e possa interfacciarsi con quella del territorio. L’integrazione non dovrà avvenire solo tra le strutture ma anche sul piano professionale, ha sottolineato il direttore generale. Ovvero, le varie discipline, spesso molto specialistiche, devono ricomporsi attorno alla persona che anche quando ha bisogni complessi resta sempre una.
Ai nuovi responsabili sarà chiesto non di comandare ma di dirigere, ovvero creare le condizioni perché il personale loro affidato possa rendere al massimo del proprio potenziale, specialmente in questi tempi in cui l’ospedale deve fare i conti con la mancanza di medici.
Di chi è la colpa di questa mancanza? “A suo tempo si sono calibrate le programmazioni pensando a quanti soldi si potevano spendere e non alle effettive necessità e oggi paghiamo ancora quegli errori” ha detto Tiziano Carradori prevedendo che pur con le borse di studio elargite in questi anni per le specialità (ci sono tra i 10 e i 15 mila medici abilitati sul territorio ma l’azienda può assumere solo gli specializzati) la copertura del personale non sarà possibile prima di quattro, cinque anni.
Nel frattempo si auspica che vada a sistema quello che è successo durante questi due anni di pandemia, in cui si sono fatte cose che prima non si facevano e aperto porte che per tanto tempo sono state blindate, come ha spiegato il dottor Montaguti riferendosi alla sburocratizzazione e all’integrazione dei processi.
Un cambio di rotta che si auspica resti attivo anche adesso che si sta tornando alla normalità, con l’approdo alla fascia arancione, riduzione dei posti letto Covid a 20 compresa la sub-intensiva, e 2 in intensiva a fronte del picco della prima ondata in cui si ospitavano 160 pazienti Covid nei tre presidi di Cesena, San Piero e Cesenatico, scesi a 90 nell’ultima ondata in cui erano resi disponibili 90 posti letto Covid di cui 74 dedicati.
“Andiamo verso un deciso miglioramento” ha confermato Mattia Altini. Oggi il tasso di occupazione dei posti letto è del 50 per cento e le sale operatorie hanno ripreso completamente l’attività.
Sempre oggi, giovedì 3 marzo, i ricoverati per Covid sono 10, nessuno dei quali in terapia intensiva. In tutta la Romagna sono 140. Siamo tornati ai dati di ottobre-novembre 2021.
Il cambio di paradigma, ha ribadito il direttore sanitario, è già in atto. Sperando che le condizioni epidemiologiche evolvano come sembra nella direzione che si sta vedendo e grazie alle vaccinazioni, il futuro vedrà i pazienti ricoverati nell’area della disciplina prevalente. Nell’ottica della convivenza con il virus, non ci saranno più reparti dedicati, ma posti letto nel reparto di riferimento, da dedicare all’eventuale paziente anche positivo al Covid, con tutti i presidi di sicurezza previsti, a protezione degli altri pazienti.