Dall'Italia
Settimana sociale 2021: presentato l’instrumentum laboris
Con la presentazione dell’Instrumentum laboris, entra nel vivo la preparazione della 49ª Settimana sociale, che si terrà a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021 sul tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso”.
“La scelta della città pugliese intende non solo porre l’attenzione sulla questione dell’ex Ilva, ma rappresenta anche una ripartenza per una riflessione più articolata e complessa sulle problematiche ambientali e sociali, rese ancora più evidenti dal diffondersi del virus”, si legge in una nota Cei.
Il “faro” resta l’enciclica sociale di Papa Francesco Laudato Si’ che pone al centro la categoria di ecologia integrale, da intendersi alla luce del nuovo documento pontificio Fratelli Tutti. La Settimana Sociale punterà i riflettori sul rapporto tra ecologia ed economia, tra ambiente e lavoro, tra crisi ambientale e crisi sociale, nella consapevolezza che “non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”.
L’Instrumentum laboris – che parte dalle domande sollevate dalla pandemia – si snoda attorno ad alcuni concetti fondamentali. Tra questi, l’ecologia integrale, i cambiamenti climatici, fino all’esperienza della pandemia.
“La Settimana sociale non vuole essere solo un evento, ma un processo che ha nello stile sinodale la sua cifra caratteristica. Se la pandemia ha messo in evidenza che ‘siamo tutti sulla stessa barca’ e che ‘nessuno si salva da solo’, le Chiese locali, le associazioni, i movimenti, le aggregazioni ecclesiali sono chiamati a camminare insieme, in dialogo con i giovani, le istituzioni locali, nazionali ed europee”.
Soffermandosi sul fatto che “l’attività umana si trasforma in un idolo, fino a diventare una ‘economia che uccide’”, il testo ricorda che “quella ecologica è una questione spirituale”.
“Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo che abbracci anche la cura della casa comune, premessa che dà origine al principio del bene comune globale. E che non dimentichi di custodire la bellezza del creato”.
La 49ª Settimana sociale intende dare “un contributo per sostenere e orientare la formazione di un nuovo modello di sviluppo capace di ridefinire il rapporto tra economia e ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale”.
L’attenzione viene posta, quindi, sul cambiamento climatico che “continua ad avanzare con danni che sono sempre più grandi e insostenibili”. “Non c’è più tempo per indugiare: ciò che è necessario è una vera transizione ecologica che arrivi a modificare alcuni presupposti di fondo del nostro modello di sviluppo”.
Infine, considerando che “lo sfruttamento è una logica di azione che investe sia il rapporto con la natura che con le altre persone”, l’Instrumentum laboris evidenzia che “non è possibile affrontare la questione ecologica senza il senso di giustizia che guarda al problema cominciando dai più poveri”. “Le drammatiche vicende della pandemia hanno messo ancora di più in evidenza che ambiente, lavoro e salute sono strettamente collegati” si legge ancora.
“Da un lato, sappiamo che l’inquinamento atmosferico incide sulla salute della popolazione. Dall’altro lato, ci è oggi più facile riconoscere quanto sia importante una sanità come bene pubblico e diffuso”.
I cambiamenti climatici, lo sfruttamento ambientale, la cultura dello scarto vengono indicati come “i nodi da sciogliere” se “si vuole favorire uno sviluppo integrale”.
“È necessaria una transizione ecologica che porti alla decarbonizzazione e all’adozione di un’economia circolare. Solo così si potrà lavorare per una sanità pubblica e diffusa che sappia integrare l’aspetto sanitario con quello sociale”.
Quello auspicato è un “progetto ambizioso” che, da un lato, punti a modificare “le strutture di peccato che ne impediscono la realizzazione” e, dall’altro, realizzi “un piano pluriennale di investimenti”, capace di “riorganizzare il ‘cosa’, il ‘come’, il ‘chi’ della nostra economia”. Ma una vera transizione ecologica è possibile solo a condizione di “contrastare, nella logica della sussidiarietà, tutte le forme di monopolizzazione del potere”.
Guardando, infine, all’emergenza Covid-19 – con le decisioni sul Recovery Plan assunte dall’Unione europea, ma non ancora definitive – si ribadisce che rappresenta “un’occasione unica per accelerare in positivo il cambiamento del paradigma economico, ambientale e sociale attuale”.
“La finanza va riportata al suo ruolo sociale attraverso una cornice regolativa europea che ne combatta le tendenze più speculative. Di recente anche all’interno del mondo finanziario si sono registrati i primi segnali del passaggio verso una finanza sostenibile sotto tutti i profili: ambientale, sociale e economico”.
“Preso atto della insostenibilità dei vecchi modelli, si comincia a riconoscere che nemmeno la finanza può pensarsi come una ‘variabile indipendente”, osserva il testo.
L’Instrumentum labori indica “la tendenza crescente dell’ultimo decennio verso pratiche finanziarie sostenibili”. Pratiche “attente alle questioni sociali e a sostegno di una transizione ecologica”. “Si vanno così rafforzando i cosiddetti Investimenti Socialmente Responsabili e gli Investimenti compatibili con l’ambiente, il sociale e il buon governo”.
Tipologie di investimenti diretti alle aziende e agli stati che rispettano i criteri e le convenzioni socio-ecologiche e dimostrano un impatto positivo e non distruttivo sotto tutti i profili sull’ambiente e sulla società nel suo complesso. “Si tratta di segnali importanti che vanno però rafforzati perché la transizione ecologica ha bisogno di una finanza che ne sia al servizio”. La necessità indicata è, dunque, quella di “correggere il sistema delle regole di un mercato finanziario che tende a rimanere troppo speculativo e che distrugge la varietà delle forme di impresa e del settore bancario”.
In particolare, soffermandosi sulla normativa bancaria europea, il testo evidenzia che “dovrebbe prendere maggiormente in considerazione e valorizzare il ruolo delle banche di comunità e cooperative, la cui proprietà è ancora nelle mani dei cittadini e non di fondi esteri: anche per tale ragione sono soggetti interessati alla ‘vita dei luoghi’ dove l’ecologia integrale prende concretamente forma”.
“Il progresso digitale va affrontato come uno strumento utile a rafforzare l’inclusività, la sostenibilità e il bene comune. L’economia digitale, se vuole promuovere l’effettivo progresso umano, deve mettere la tecnologia al servizio dell’umanità, contrastando le spinte verso la concentrazione del potere economico e la strumentalizzazione del lavoro umano”.
“La pandemia ha accelerato il processo di transizione verso un’economia digitale. Sia per la produttività lavorativa di chi nel periodo di distanziamento sociale (lockdown) ha lavorato in remoto, sia per l’attività scolastica degli studenti che hanno seguito le lezioni da casa, le possibilità di connessione a internet e gli strumenti a disposizione hanno fatto la differenza”.
Il testo ricorda che “gli ultimi mesi sono stati una gigantesca esercitazione collettiva, in cui ci siamo ritrovati più ricchi di tempo e potenzialmente capaci di conciliare vita di lavoro e familiare”. “La produttività del nostro operare aumenta senza la frizione dei tempi di spostamento e dell’impatto diretto sull’ambiente prodotto dagli spostamenti”.
Dall’instrumentum laboris, un monito: “Lo smart working rischia di ridurre la qualità delle relazioni umane, amplificare diseguaglianze se non è accompagnato da investimenti in materia di qualità delle postazioni di lavoro domestiche (connessione alla rete, qualità dei terminali, comfort dell’ambiente di lavoro domestico), di equa divisione del tempo, di cura nell’abitazione”.
“I rapporti tra datore di lavoro e lavoratore vanno inoltre profondamente ridefiniti facendo attenzione ad evitare abusi e focalizzando maggiormente l’attenzione sul frutto del lavoro piuttosto che sulla rigidità di orario. Il ‘divario digitale’ rimane un tema da affrontare”.
“La prima e principale misura deve essere quella di permettere la riqualificazione dei lavoratori e delle imprese con un impegno costante per lo sviluppo della formazione continua”. “In questo senso, rimangono centrali i contratti nazionali collettivi di lavoro che possono essere lo strumento per promuovere nuove forme di produttività durevole e per armonizzazione tra lavoro-formazione-vita privata, compreso il tempo da dedicare alla cura della propria salute e di quella dei familiari”.
Quella auspicata non è “la decrescita felice, ma la sostenibilità integrale – nelle sue dimensioni economica, sociale, ambientale e umana – raggiunta attraverso una virtuosa combinazione di economia di mercato, tecnologie pulite, coscienza ecologica e azione dei governi”.
Per un’economia che si ripensa nella prospettiva dell’ecologia integrale vengono indicati quattro pilastri: l’economia circolare e la bioeconomiadigitalizzazione e la dematerializzazione (che contiene ma non si limita alle pratiche di smart workingefficientamento energetico di aspetti fondamentali del nostro vivere sociale (la mobilità urbana, l’edilizia, le modalità di produzione industriale e agricola); l’investimento sulle persone e sulla qualità del capitale sociale (sussidiarietà e beni comuni).
“In questa direzione – conclude il testo -, vanno sostenute le imprese e i soggetti economici ad orientarsi con più decisione nella direzione di nuovi modelli organizzativi centrati sulla produzione di valore condiviso, l’investimento sulle persone e sulla comunità, sui beni comuni, sensibilità ambientale”. Infine, l’impegno per “un dialogo costruttivo con le istituzioni locali, nazionali ed europee per muovere tutti insieme passi decisivi”.