Dal Mondo
Siria. Cardinale Zenari (nunzio): “Il triste primato della Siria”
“Da 11 anni, da 11 Natali, da 11 messaggi natalizi Urbi et Orbi, la Siria apre la lista dei Paesi segnati dalla guerra e dalla crisi, dilaniati da conflitti e tensioni. Un triste primato nato sotto Benedetto XVI (2 messaggi) e continuato con Papa Francesco (9 messaggi)”.
È il primo commento, rilasciato all’agenzia Sir, del cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, al messaggio Urbi et Orbi di papa Francesco del 25 dicembre scorso. Una risonanza profonda che porta il Nunzio a citare direttamente le parole del Pontefice: “Mentre risuona intorno a noi e nel mondo intero l’annuncio della nascita del Salvatore, vediamo ancora tanti conflitti, crisi e contraddizioni. Sembrano non finire mai e quasi non ce ne accorgiamo più”.
Catastrofe umanitaria. Dal 2009 in Siria, dopo essere stato in Sri Lanka e Costa d’Avorio, Paesi anch’essi segnati da guerre civili, il card. Zenari che si definisce un “nunzio in mimetica”, non esita a parlare – e non è la prima volta – di “catastrofe umanitaria, la più grave provocata dall’uomo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le cifre sono da capogiro. Ed è brutto parlare di cifre quando dietro ci sono esseri umani”. Le ultime stime fornite dall’Inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Geir Pedersen, parlano di 13 milioni di persone, più della metà della popolazione siriana, fuori dalle proprie case e villaggi, tra sfollati interni e rifugiati nei Paesi vicini. “Il 90% dei siriani, secondo le Nazioni Unite – aggiunge il rappresentante pontificio – vive oggi sotto la soglia di povertà, sono 12 milioni le persone a rischio povertà alimentare”. Per stigmatizzare questa emergenza senza fine, il nunzio cita ancora una volta le parole del Papa del Natale scorso: “Ci siamo abituati a tal punto che immense tragedie passano ormai sotto silenzio; rischiamo di non sentire il grido di dolore e di disperazione di tanti nostri fratelli e sorelle”.
Silenzio assordante. “Le notizie sulla Siria non si ‘vendono’ più – conferma il porporato -. Fino a tre anni fa da ogni parte del mondo mi chiedevano di parlare di Siria, della sua situazione. Oggi invece il Paese è sparito dai radar dei notiziari”.
“La Siria patisce meno bombardamenti. A provocare le maggiori sofferenze sono la povertà e la mancanza di speranza, due bombe anche queste che hanno messo in ginocchio la popolazione. È triste vedere che di questa immane tragedia non se ne parli più”.
E nel silenzio più totale “il processo di ricostruzione è bloccato così come quello del riavvio economico. Bloccato anche il rientro dei rifugiati. Si assiste a muro contro muro” denuncia il card. Zenari che più volte, anche nel recente passato, ha puntato l’indice contro le divisioni all’interno della comunità internazionale, contro i troppi veti all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che impediscono la rinascita della Siria. Non solo: “Il combinato di corruzione, sanzioni e in certi casi di malgoverno mina alle basi il processo di pace e di ricostruzione”.
“L’unica cosa che cammina, e tanto, è la povertà”.
“La popolazione – dice il cardinale – è priva di gasolio e del kerosene necessario a far funzionare le stufette. Sono prodotti che non si trovano e che, se disponibili, hanno prezzi inaccessibili. In certe zone l’energia elettrica viene erogata un paio di ore al giorno. La gente passa il tempo in coda davanti ai forni dove il pane viene venduto a prezzi calmierati dallo Stato”.
Fede che non vacilla. Nel frattempo sta passando l’undicesimo Natale di guerra, “un Natale trascorso al buio, al freddo, in alcune zone anche con la neve”. Tuttavia, sottolinea il nunzio, “la fede in questa terra non vacilla. Il rapporto con Dio rimane saldo, magari sotto forma di un grido di dolore e di disperazione. Le chiese sono mezze vuote perché più della metà dei fedeli è partita, soprattutto quelli più giovani”. Ma sono in tanti a volere emigrare e di tutte le confessioni religiose. “In tanti ci chiedono di partire – spiega il card. Zenari – ci sono famiglie che hanno tentato di entrare in Europa attraverso la Bielorussia. Molti sono ancora bloccati lì, tanti quelli rispediti indietro. Famiglie che hanno venduto tutto e si sono indebitate per raggiungere la cifra necessaria per uscire dalla Siria, a volte anche 30mila dollari a famiglia. Cifre abnormi se messe confronto con uno stipendio medio di un dipendente statale, per esempio un insegnante di scuola, che arriva a circa 35 dollari al mese”.
Tante ombre, poche luci. E come accade ormai dal 2011 anche alla fine di 2021 si tireranno le somme della tragedia siriana. Tante ombre e pochissime luci. Tra queste il cardinale elenca “l’anelito della pace e della solidarietà che arriva da ogni parte. Facciamo appello all’aiuto di Dio che muova i cuori e l’aiuto internazionale. C’è molta indifferenza ma sentiamo, grazie a Dio, anche tanta vicinanza e prossimità da parte di persone di ogni fede e estrazione sociale. Testimoniamo la sensibilità di persone non ricche che si privano di qualcosa per aiutare. Sono delle gocce che escono da rubinetti nel deserto. Si cerca per quanto è possibile di aprire qualche altro rubinetto in mancanza di quel fiume che non arriva e che dovrebbe essere alimentato dalla Comunità internazionale.
Ci vorrebbero 400 miliardi di dollari per avviare la ricostruzione.
Qui raccogliamo qualche milione ma sono gocce”. La Chiesa continua nella sua missione di prossimità e fratellanza come esorta papa Francesco.
Organizzare la carità. Fra poco più di tre mesi, rivela il cardinale, “ospiteremo in Siria un evento di tre giorni, incoraggiato dalla Congregazione per le Chiese orientali e da questa nunziatura, finalizzato a organizzare e coordinare al meglio la carità e l’assistenza umanitaria da parte delle Chiese. La conferenza, infatti, avrà come tema ‘Chiesa sinodale e esercizio della carità’. Un bel gesto di sinodalità da parte delle Chiese sui iuris per camminare insieme nell’esercizio degli aiuti e della carità. La necessità durerà ancora a lungo e organizzare questa missione in maniera sinodale è importante. Ci sono tanti buoni samaritani che si occupano della Siria”. Tra loro anche i volontari del progetto “Ospedali aperti”, lanciato dallo stesso card. Zenari, con il supporto tecnico della Fondazione Avsi, con l’obiettivo di assicurare cure mediche gratuite ai più poveri grazie al coinvolgimento di tre nosocomi cattolici no profit, gli ospedali Italiano e Francese a Damasco e quello “St. Louis” ad Aleppo, all’aiuto di diversi “donors”, tra cui la Cei, la fondazione “Policlinico universitario Gemelli” e il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. “Siamo arrivati al quarto anno completo e abbiamo, fino ad oggi, fornito cure ad oltre 60 mila siriani poveri e malati di tutte le fedi ed etnie. Ai tre ospedali cattolici, due a Damasco ed uno ad Aleppo, si sono aggiunti tre dispensari-ambulatori. Con questa iniziativa – conclude il nunzio – raccogliamo due frutti: sanare i corpi e ricucire la società siriana nelle sue diverse componenti e confessioni. Con noi anche tanti altri progetti molto lodevoli che forniscono aiuti alla gente che ha fame”.