Sisma e pandemia: “le ferite aperte” della Valnerina. Dai luoghi di Santa Rita l’appello, “ci si salva insieme mai da soli”

“Sisma e pandemia sono due ferite aperte di questa terra. È una prova dura”. La Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, suor Maria Rosa Bernardinis, agostiniana, parla attraverso la grata del parlatorio e ricorda le scosse di terremoto del 24 agosto 2016 e le successive, forse ancor più devastanti, di ottobre. E adesso la pandemia Covid-19. La comunità claustrale attualmente vive nella parte agibile del monastero, quella più antica attende di essere ricostruita dal 2016.

A voler ritardare i lavori di restauro di tutto il monastero sono state le stesse suore che hanno scelto di dare priorità alla riapertura della Basilica e soprattutto dell’ospedale cittadino situato all’interno dell’ex casa degli esercizi spirituali.

“Bisogni della popolazione sono ben visibili”. “Tanto è stato fatto, molto ancora resta da fare” sottolinea la Priora per la quale “è importante

tenere sveglie le coscienze soprattutto di chi ha la responsabilità di governo

affinché vengano incontro a chi ha bisogno e a chi da solo non ce la fa. È in questo tempo di prova che emergono i valori più autentici come la condivisione e la solidarietà che sostengono le comunità permettendo loro di riprendersi e rialzarsi”. Nonostante i ritardi nella ricostruzione e le difficoltà causate dalla pandemia,

“resta forte la speranza che qualcosa di nuovo nasca. La speranza è stata una forza trainante in questo tempo e lo è ancora oggi”.

A quattro anni dal terremoto, con una ricostruzione che latita, e in piena emergenza Covid-19, i bisogni delle popolazioni di questo lembo di terra che è la Valnerina – ricca di santi come Benedetto da Norcia, patrono d’Europa e Rita da Cascia, la santa delle cause impossibili, – sono “ben visibili. Basta attraversare i nostri centri per vedere aziende chiuse e palazzi lesionati”.

La prova del nove. “Tante famiglie – racconta suor Bernardinis – hanno patito il dramma di vedere la propria casa distrutta e ancora oggi non possono rientrarvi. La stessa situazione di grande disagio, è vissuta da chi ha avuto danneggiata la sua attività lavorativa e si è dovuto reinventare in un nuovo spazio”. “Il Coronavirus, così come il sisma, – afferma la Priora – è stata la prova del nove che ha fatto scoprire alla gente di non essere invulnerabile. Le popolazioni di qui sono doppiamente vittime del sisma e della pandemia e il nostro impegno è sostenerle spiritualmente e laddove possibile materialmente con tante iniziative solidali. Guardando alla vita di santa Rita possiamo cogliere delle proposte valide anche per noi oggi, la solidarietà, la testimonianza evangelica, la speranza per non lasciarsi andare”. Un tema di fede ben chiaro alle suore agostiniane di Cascia che hanno nella tessitura paziente della comunione uno dei loro impegni di vita e nella preghiera il ricordo delle povertà, dei drammi, della solitudine e delle speranze di tanti che si affidano a loro. La città di Dio nella città degli uomini, per dirla con sant’Agostino.

Un legame mai reciso. “In questi anni – aggiunge suor Bernardinis – ci siamo attivate perché non venisse mai meno il legame con Santa Rita, attraverso il nostro monastero ed il Santuario, anche durante il lockdown. Impossibile dire quante telefonate o mail abbiamo ricevuto da parte di

devoti che chiedevano una parola di sostegno, un’intercessione. Volevano sentirsi dire solo una cosa: ‘non siete soli’.

Ed è questo quello che abbiamo fatto. I devoti sono stati la nostra priorità, ogni giorno, e visto che non potevano più recarsi in questo luogo sacro che per loro è come una seconda casa, abbiamo lavorato molto per fare in modo di portare Santa Rita nelle case di tutti”. Attraverso i social e le varie piattaforme digitali la comunità claustrale ha diffuso il rosario quotidiano, le messe in streaming celebrate dai padri agostiniani, le dirette all’urna che custodisce il corpo di Santa Rita e i video messaggi di speranza. “Abbiamo provato a fare in modo che nessuno si sentisse solo e che l’amore di Santa Rita raggiungesse tutti, proprio nel momento di maggiore necessità”. Anche per questo la festa del 22 maggio è diventata “una maratona in diretta streaming mondiale di ben 8 ore – ricorda la Priora -. I devoti hanno risposto in gran numero, da tutta Italia e dal mondo intero. Alcuni di questi servizi virtuali sono ancora attivi per tutti coloro che non possono ancora recarsi a Cascia. Abbiamo trasmesso al mondo il messaggio di santa Rita: come puoi amare Dio se non vedi, se non ami il tuo fratello nel bisogno?”.

“Clausura non chiusura”. Un ministero di “consolazione, di servizio al prossimo e di condivisione di fede” che la comunità porta avanti nella consapevolezza che “clausura non è chiusura, è un equilibrio del corpo e dello spirito, per una armonia da ricercare. La clausura è raccoglimento, preghiera, silenzio, condizioni queste che abbiamo vissuto maggiormente durante il lockdown. Abbiamo condiviso moltissimo con la comunità esterna, rispondendo alla paura, al dolore e alla distanza con la preghiera, il cordoglio per le tante morti e la speranza per il ritorno alla vita, verso la quale ora continuiamo a camminare, insieme al popolo di Santa Rita, potendo tornare nuovamente ad incontrarci”.

“È importante che la gente non si ripieghi su se stessa ma si rialzi e si rinnovi. Diversamente vorrebbe dire morire. Il messaggio è sempre lo stesso: non lasciamoci andare, Gesù cammina con noi”.

Tornano i pellegrini. Da Cascia alla vicina frazione di Roccaporena, dove Rita nacque intorno al 1381. Qui, alle falde del Monte Rucino, si trovano i luoghi della vita della santa, la casa natale, quella maritale, il lazzaretto, dove assisteva i malati e i forestieri, la Chiesa di San Montano, che ebbe un ruolo importante nei 36 anni trascorsi dalla santa a Roccaporena, e poi l’orto del miracolo e lo scoglio della preghiera dove si ritirava. Da ultimo il Santuario di Roccaporena, il cui pro-rettore oggi è don Canzio Scarabottini, parroco nominato di Cascia. Roccaporena, a differenza di Cascia non ha avuto particolari danni durante il sisma e, afferma il religioso, “nemmeno casi di Covid-19″. Una positiva combinazione che ha permesso ai pellegrini di tornare a venerare Santa Rita e così di ridare fiato alle attività lavorative e commerciali collegate al settore penalizzate in particolare dal lockdown. “È davvero bello vedere tra i pellegrini molti fedeli provenienti dalle zone più colpite dal Covid, Veneto, Lombardia, Codogno in testa. Tutti uniti nell’invocazione di Santa Rita per la fine della pandemia e chiedere la guarigione per amici e parenti. Durante il periodo di chiusura – rivela padre Scarabottini – abbiamo ricevuto mail e telefonate da ogni parte del mondo, Australia, Argentina, Brasile, Slovenia, Francia, Stati Uniti d’America e molti altri paesi tra i più colpiti dal Covid-19”. Non sono mancati gesti di carità e di solidarietà. “Come Santa Rita accoglieva nel Lazzaretto i malati di peste e i poveri del suo tempo, anche nel Santuario, in collaborazione con la Caritas diocesana di Spoleto-Norcia, abbiamo assistito, e continuiamo a farlo, coloro che ancora pagano i drammi del sisma e della pandemia. Sisma e pandemia – conclude il pro rettore – ci dicono che non è possibile fare a meno degli altri. Soprattutto per un cristiano. Santa Rita con la sua vita lo ha testimoniato: ci si salva sempre insieme agli altri, e mai da solo”.