Dalla Chiesa
Solennità di tutti i santi
Le origini di questa solennità, quella di tutti i santi, hanno radici molto antiche e si fondono nelle popolazioni celtiche.
Le prime tracce cristiane risalgono ad Antiochia e fanno riferimento alla domenica successiva alla Pentecoste. Molte testimonianze, infatti, come la citazione di questa usanza nell’omelia di san Giovanni Crisostomo (407) mantenuta fino ad oggi dalle chiese orientali, fanno ricadere questa ricorrenza al giorno 13 maggio. Efrem il Siro (373) parla di questa festa, e la colloca lo stesso giorno. Nella chiesa occidentale, la ricorrenza deriva probabilmente dalla festa romana della Dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres. Si tratta della celebrazione dell’anniversario della trasformazione del Pantheon nella chiesa dedicata alle Vergini e a tutti i martiri, avvenuta proprio il 13 maggio. Fu papa Gregorio III a scegliere come data di riferimento quella della consacrazione della cappella a san Pietro e alle reliquie dei santi Apostoli e di tutti i Santi, martiri e confessori. Ai tempi di Carlo Magno, la festa oramai celebrata quasi ovunque in novembre, tanto che l’1 novembre venne decretato festa di precetto nell’835 da parte del re Franco Luigi il Pio. Fu poi papa Gregorio IV a emettere il decreto con il consenso di tutti i vescovi.
“A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché a essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. È chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro”. (s. Bernardo abate: Discorsi)
Mi sembra che san Bernardo abbia messo il dito nella piaga. Sono secoli che parliamo dei santi, preghiamo i santi, Madonna compresa, e ancora non abbiamo capito nulla. Noi facciamo i nostri interessi, come dice san Bernardo. Accendiamo loro candele, portiamo fiori, diciamo una serie infinita di preghiere, una tiritera lagnosa per sperare che interceda per noi. Ci faccia vincere al “Gratta e vinci”, superare un esame, guarire una malattia, far vincere addirittura il campionato di calcio alla nostra squadra del cuore, fidanzarsi, sposarsi, mettere su famiglia, bla bla bla… Tutto a nostro rendimento, a nostro tornaconto. Siamo straconvinti perché sappiamo benissimo che è vero, ma l’orgoglio non ce lo fa ammettere. Poveri padre Pio, sant’Antonio, santa Rita e chissà quanti altri.
Per non parlare delle migliaia di pellegrinaggi. Dovremmo iniziare proprio da questa bellissima festa che ci mette i piedi sul cuore, ci umilia ma ci fa bene un bagno di umiltà e provare un po’ di santa e sana vergogna. Dovremmo pregare lodando la loro santità che non è altro che fare la piena volontà di Dio. Non esiste un santo che non ha sofferto per amore del Signore. E noi? La croce più che cercarla la allontaniamo. Siamo buoni solo a parlare, parlare, parlare, ma quand’è che facciamo silenzio e li ascoltiamo questi nostri benedetti amici del Cielo? Mettiamoci davanti all’immagine di un santo a noi caro e cominciamo ad ascoltarlo. Il silenzio farà da cassa di risonanza. Così davanti al Santissimo Sacramento, mettiamoci in adorazione, lodiamolo, omaggiamolo, ringraziamolo, amiamolo, riempiamo di baci Gesù. E lasciamo che sia lui a parlare a noi dei santi, di coloro che quaggiù sulla terra, in questa valle di lacrime, sono stati capaci di seguire le sue orme.