Terra Santa. Il custode padre Patton: “Il sito del Battesimo di Gesù da campo di battaglia a luogo di pace”

“Da campo di battaglia a luogo di pace e di preghiera”: con queste parole il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, annuncia il ritorno ufficiale della Custodia di Terra Santa nella piccola chiesa di San Giovanni Battista a Qasr Al-Yahud, sito sul fiume Giordano che fa memoria del battesimo ricevuto da Cristo per mano di Giovanni il Battista.

Domenica 10 gennaio, dopo 54 anni, i francescani torneranno a celebrare Messa in questo luogo a coronamento del pellegrinaggio che, fin dal 1641, si compie tradizionalmente ogni anno la prima domenica dopo l’Epifania, quando la liturgia propone il Battesimo di Gesù. La presenza francescana in questa area risale al 1932 quando la Custodia acquistò il terreno dove l’anno successivo fece anche costruire una cappella proprio nei pressi del Giordano. Risale invece al 1935 la piccola chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Costruita su due livelli, l’edificio è composto da un piccolo refettorio con un disimpegno e un servizio usati come punto di appoggio dai frati del vicino convento del Buon Pastore di Gerico e, al piano superiore cui si accede per scale esterne, da una piccola chiesa sormontata da una cupola e chiusa da vetrate.

La storia del luogo segna un brusco stop con la Guerra dei sei giorni (giugno 1967), combattuta tra Israele e una coalizione di Paesi arabi, tra cui la Giordania, il cui confine corre sull’altra riva del Giordano. L’area, conquistata da Israele, divenne un campo minato di 55 ettari e zona militare “off-limits”, interdetta a pellegrini e turisti. In quei giorni anche i frati fuggirono abbandonando il convento che non fu più recuperato. Solo nell’anno 2000, per il pellegrinaggio giubilare di Giovanni Paolo II in Terra Santa (20-26 marzo), fu aperto un piccolo accesso che, ricordano dalla Custodia di Terra Santa, venne poi chiuso nuovamente dopo lo scoppio della seconda Intifada (28 settembre 2000).

L’opera di sminamento comincia nel 2011, grazie all’organizzazione britannica “Halo Trust” che, a gennaio 2018, procede anche alla bonifica di territori appartenenti a otto chiese cristiane: cattolica (francescani), greco-ortodossa, armena, copta, etiopica, rumena, siriaca e russa. Un’area che, secondo gli auspici del presidente dello Stato di Israele, Reuven Rivlin, è destinata a diventare il cuore del progetto “Terra dei monasteri”. Una idea che, secondo Rivlin, potrebbe essere “una buona opportunità per promuovere il dialogo tra israeliani e palestinesi”.

La prima visita del Custode di Terra Santa al terreno e al convento francescano, ripuliti dalle mine, risale al 31 ottobre 2018. “Durante il sopralluogo nella piccola chiesa – ricorda padre Patton – abbiamo ritrovato utensili domestici e piccoli arredi: è rimasto tutto come i frati hanno lasciato prima di andarsene. Alle pareti anche una foto dell’allora Papa Paolo VI. Ma soprattutto – rivela – abbiamo rinvenuto il registro delle messe che i pellegrini erano soliti celebrare nella nostra chiesa di San Giovanni Battista, qui a Qasr Al-Yahud”.

Le ultime celebrazioni risalgono al 7 gennaio 1967, sono quelle di un sacerdote inglese e di uno nigeriano. Domenica 10 gennaio, dopo 54 anni – afferma padre Patton – torneremo finalmente a celebrare nella nostra chiesa. Questo registro delle Messe volterà così pagina e il luogo avrà una nuova storia davanti, in attesa del ritorno dei pellegrini oggi impediti dalla pandemia”. La nuova storia del convento di Qasr Al-Yahud passerà anche, aggiunge il custode di Terra Santa, “per un restauro complessivo di tutta l’area che prevede la messa a dimora di palme, la costruzione di servizi per i pellegrini, cappelle per il culto e la sistemazione della stradina che porta alla riva del Giordano dove si  trova la cappella del 1933”.

Ancora più significativa la scelta, spiega padre Patton, “di lasciare visibili i fori dei proiettili sui muri e sulle colonne della chiesa per fare memoria delle ferite e delle cicatrici della guerra. Deve essere un monito ai pellegrini e soprattutto alle generazioni future: non dimenticare per non cadere negli stessi errori. Quello che ieri era un campo di battaglia oggi è diventato un campo di pace e di preghiera”.