Cesena
Terremoti: ne ha parlato la ricercatrice dell’Ingv Stefania Danesi al Rotary
La ricercatrice cesenate ha dato interessanti informazioni sul fenomeno che riguarda tutto il Paese

I terremoti non si possono prevedere nel tempo ma si sa dove possono verificarsi. L’unico vero strumento di difesa è costruire secondo norme antisismiche
Sappiamo perché e dove ma non sappiamo quando
“Non sappiamo esattamente quando, ma sappiamo bene perché e dove probabilmente si verificherà un terremoto”. Prevedere la forza distruttiva della terra che trema, mettere in salvo le persone, proteggere gli edifici, salvaguardare il patrimonio culturale: è questo che significherebbe prevederlo con esattezza. Ecco la risposta scientifica della domanda che le persone rivolgono costantemente a chi si occupa di geofisica.
Gli eventi non si ripetono mai uguali
L’ha fornita ancora una volta, in una densa conferenza per i soci del Rotary Club Cesena guidato in questa annata da Norberto Fantini, Stefania Danesi, cesenate, ricercatrice della sezione bolognese dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia). Prevedere i terremoti non è possibile neppure studiando la loro successione nel tempo poiché, ha spiegato la ricercatrice, “gli eventi naturali non si ripetono mai uguali e non esistono modelli matematici che ci indichino che un terremoto di una certa forza stia per accadere in un luogo o in un giorno preciso”.
Cesena, un territorio di media pericolosità
Sappiamo però che Cesena è collocata in un territorio classificato di media pericolosità (ma ha vicino l’indice massimo di Sarsina e quello non così distante di Brisighella), che il suolo trema molte volte in un anno anche se non lo avvertiamo nettamente, che l’Italia (situata nella giunzione di tre placche terrestri che spingono l’una contro l’altra) è ad alto rischio sismico. Ma, nel mondo sono 2 miliardi, ha sottolineato Stafania Danesi, “le persone che vivono in zone a pericolosità alta”. Per restare all’Italia: “Nel 2024 la Rete Sismica Nazionale composta da 540 stazioni – ha evidenziato la ricercatrice – ha localizzato 16.826 terremoti sul territorio italiano e nelle aree limitrofe. Poco più di 46 eventi al giorno. Dopo diversi anni la Sicilia ha ceduto il passo all’Emilia Romagna che ha avuto il maggior numero di eventi, 434, di magnitudo pari o superiore a 2.0, seguita dalla Calabria e dalla stessa Sicilia”.
L’unica risposta: costruire secondo parametri precisi
Ma l’area più esposta ai terremoti di forte entità è la dorsale appenninica dal centro al sud Italia. Su 1300 terremoti distruttivi avvenuti nel secondo millennio 500 hanno interessato l’Italia con migliaia di morti e danni ingenti. Ma come si misura l’indice di rischio di un territorio? “Esaminando la pericolosità, ossia lo scuotimento del suolo – ha spiegato Stefania Danesi – il valore dei beni in termini di densità abitativa, infrastrutture, attività produttive e patrimonio culturale e la loro vulnerabilità, ossia la propensione a subire danni”. Il nostro territorio regionale è ad alto rischio anche per i beni esposti. Il primo indice è naturale e nulla si può fare se non sapere che succederà, invece sugli altri si può intervenire. È l’eterna sollecitazione a costruire secondo parametri precisi, come mostrano gli edifici che sono rimasti in piedi accanto ad altri letteralmente collassati benché collocati nel medesimo perimetro.