Tutela minori, l’intervista integrale a don Ugolini: “Promuovere la cultura del rispetto”

Don Gottfried Ugolini, della Diocesi di Bolzano, psicologo, è membro del Servizio nazionale tutela minori. Sarà a Cesena venerdì 3 dicembre. Alle 21 in seminario terrà un incontro su “Tutela dei minori. Conoscere e formare per prevenire gli abusi”. In vista di questo appuntamento gli abbiamo posto alcune domande. Di seguito l’intervista integrale. Sulla nostra edizione cartacea in edicola da oggi l’intervista, in parte ridotta per motivi di spazio, è a pagina 5. 

Don Ugolini, abbiamo da poco celebrato la prima giornata di sensibilizzazione per la tutela dei minori. Che significato ha avuto? Qual è il punto di partenza per una nuova realtà all’interno della Chiesa?

Con la giornata di preghiera la Chiesa italiana fa un ulteriore passo importante. La realtà degli abusi all’interno della Chiesa viene gradualmente percepita e riconosciuta come tale. Questo significa che la Chiesa prende atto che ci sono donne e uomini feriti da abusi e violenze al suo interno perpetuati da chierici e religiosi. È cruciale lasciarci toccare dal dolore spesso represso e ammutolito delle vittime. Solo così siamo in grado di essere buoni samaritani che agiscono perché si tratta dei nostri prossimi, delle nostre sorelle e dei nostri fratelli.

Gli scandali degli ultimi anni relativi ad abusi avvenuti nelle parrocchie e negli istituti retti da religiosi hanno segnato la vita della nostre comunità. Come si può ripartire? 

È una realtà che non si può negare o cancellare. Un abuso, di qualsiasi tipo, non avviene mai soltanto tra due persone. C’è sempre un ambiente che lo permette, protegge, copre o nega. Perciò è richiesto una presa di coscienza e una responsabilizzazione da parte di tutti a tutti i livelli. La tutela dei minori e delle persone vulnerabili, la prevenzione da abusi sessuali e altre forme di violenza e la gestione dei casi di abusi rivelati remoti o attuali insieme all’accompagnamento delle persone ferite è un impegno che deriva prima di tutto dal nostro mandato evangelico. Dobbiamo partire dal Vangelo, dal nostro impegno battesimale, dalla morale ed etica cristiana, dalla dottrina sociale della Chiesa e altrettanto dai valori umani e sociali espressi nei Diritti umani e nei Diritti dei bambini. La domanda è, quale passato vogliamo consegnare alle prossime generazioni: un passato che riproduce ambienti di pericolo o un passato rielaborato che offre una memoria riconciliata per quanto è possibile? Inoltre ci dobbiamo chiedere: quale futuro vogliamo costruire insieme ai minori e alle persone vulnerabili, quale qualità di vita intendiamo promuovere?

Il Servizio nazionale e quello nelle nelle diocesi hanno come primo scopo quello di informare e di sensibilizzare. La Chiesa e le gerarchie sono pronte a compiere questo passo? Le gerarchie pure? 

La Chiesa come ogni altra istituzione fatica a cambiare: le forze che conservano e proteggono l’istituzione sono strutturalmente e culturalmente ben radicati. Specificamente le gerarchie faticano perché si trovano in una duplice posizione: da una parte la Chiesa viene accusata di non aver protetto sufficientemente i minori affidati alle istituzioni ecclesiali e coinvolti nei programmi parrocchiali e dall’altra parte la Chiesa si deve confrontare con le vittime e con le persone che hanno abusato. Oltre all’assunzione della propria responsabilità è chiamata a prendersi cura delle persone ferite e ad assumere provvedimenti per coloro che hanno abusato. Inoltre deve provvedere affinché le comunità, le istituzioni e le realtà ecclesiali dove è avvenuto un abuso o dove vive o ha vissuto la persona che ha abusato ricevano il supporto necessario per elaborare la situazione e per ritrovare serenità e pace al loro interno. Di per sé la Chiesa ha un principio sano di confronto, di revisione e di missione: ecclesia semper reformanda. La dinamica della tradizione è tutt’altro che quella di un museo archeologico. La Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, è capace di sviluppare una tensione creativa tra il continuo ritorno alle radici e l’aggiornamento in un processo sinodale. L’esame di coscienza è un ulteriore mezzo per confrontarsi con la realtà non solo a livello individuale ma altrettanto a livello di comunità, di sistema.

Quali sono le responsabilità di tutti noi che frequentiamo le parrocchie? Cosa ciascuno di noi è chiamato a fare? 

Grazie per questa domanda importante. Secondo me ci vuole un empowerment della base partendo dal dono del battesimo. Le parrocchie hanno una responsabilità in tutti i loro ambiti al riguardo dei programmi, del personale e delle strutture. Questo vale anche per tutte le associazioni, i movimenti e le istituzioni ecclesiali, incluse le congregazioni religiose. Prima di tutto è importante avere chiaro gli obiettivi e i valori fondamentali religiosi, umani e sociali per promuovere una sana cultura che garantisce la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Secondo, è importante prendere atto della possibile presenza di forme di abuso e di violenza presente in tutte le realtà ecclesiali, familiari e sociali. Questo ci rende alerti e di cambiare atteggiamento. Come terzo aspetto è richiesta la competenza di riconoscere segnali di abuso o di violenza attraverso un ascolto attento, un dialogo aperto tra animatori e responsabili per confrontarsi su sospetti e su allusioni, su cambiamenti radicali del comportamento senza cause chiare o su racconti narrati dalle presunte vittime o altri. È necessario, come quarto punto, sapere cosa fare, come reagire e a chi rivolgersi quando viene segnalato un sospetto o un tentativo di abuso o un abuso (comportamenti inappropriati, molestie, forme di abusi e di violenza). La regola fondamentale al riguardo è: mai agire da soli. Inoltre, quinto aspetto, è richiesto di provvedere un sostegno per tutte le persone o per tutti i gruppi coinvolti chiedendo aiuto a una supervisione esterna.

Cosa ci attende da domani? Il mondo è tanto cambiato. Da dove riallacciare i rapporti con i giovani? 

È soprattutto una sfida educativa. I giovani sono generalmente sensibili, alcuni ottusi. Ma tutti chiedono e percepiscono l‘autenticità e la trasparenza, il riconoscimento sincero e la responsabilità assunta nei loro confronti e quella affidata a loro. Anche se non frequentano la parrocchia hanno le antenne aperte di come la Chiesa e il suo personale agisce e reagisce. In fondo è una richiesta di testimonianza non idealizzante, ma una testimonianza che ammette errori, assume la responsabilità e si impegna per la riparazione dei danni, una testimonianza che mette in gioco valori e ideali umani, sociali e cristiani nella vita quotidiana e non solo nei grandi eventi, in modo da incuriosire o da provocare domande. Gesù frequentava il luoghi, i mercati, dove offriva la sua bancarella insieme ai suoi seguaci per esporre o meglio raccontare la Buona Novella vivendola concretamente incontrando, dialogando e affrontando temi quotidiani e religiosi, malattie ed emarginazioni, proponendo un modello di vita basato sul progetto del Regno di Dio. Mi auguro che la Chiesa offra questa presenza in mezzo ai mercati di oggi, con una bancarella che offra esperienze e visioni di vita con proposte che aiutano a vivere: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza“ (Gv 10,10).