Un rianimatore del “Bufalini”: “la situazione è tosta anche da un punto di vista mentale. All’università nessuno ci ha mai insegnato come si affronta una pandemia”

Emanuele Russo, 43 anni, da 15 anni è a Cesena. Per la prima volta non torna a casa per il Natale, a Napoli. È uno di quei medici che il primario Agnoletti utilizza come referente Covid (cfr pezzo a fianco) per mantenersi lucidi e non lasciarsi stressare troppo. I turni, su questo versante, girano una volta a settimana. “Il Covid è tosto su più piani – dice subito -. Ha messo a nudo tanti problemi sociali e anche della sanità. È una malattia nuova, che non conoscevamo. È stato più facile sbagliare e questo fatto poteva coinvolgere noi operatori. È tosta la situazione anche da un punto di vista mentale”.

E ora com’è la situazione? “In questa seconda ondata – risponde il medico – è difficile perché tanta gente non ne può più del Covid. Pare che chi cura sia diventato un nemico. È evidente il cambiamento di atteggiamento nei confronti dei medici, ma noi non abbiamo mai detto che occorre fermare il mondo. La frizione, comunque, è palese. Quello che vive il governo ha incidenza sul nostro lavoro. Ma il Covid è anche un’opportunità: ha messo sotto gli occhi di tutti il taglio degli ultimi anni alle risorse sul sistema sanitario”.

E poi? “E poi le dico che non bastano sei mesi per rimettere tutto in circolo – risponde il dottore -. Però il Covid ha fornito l’occasione per riscoprire il valore della ricerca. Ora, su questo versante, c’è interesse, nella gente e in noi”.

Siete stanchi? “La gente e il Paese sono stanchi. Il nostro lavoro quotidiano è molto impegnativo. Il Covid è un freno, ma noi abbiamo imparato a conviverci. Qui abbiamo fatto un buon lavoro. Non abbiamo avuto casi di contagi tra gli operatori sanitari e tra i pazienti. Questo ha ridotto le paure dei primi giorni. Le devo anche dire che a scuola e all’università nessuno ci ha mai insegnato come si affronta una pandemia. Di certo, comunque, ci siamo arricchiti”.