Un team del Campus di Cesena in Olanda nei laboratori Esa

Essere smemorati o distratti potrebbe non risultare più problematico in un prossimo futuro. Gli oggetti di uso quotidiano saranno connessi a internet e localizzabili al millimetro. Ritrovarli sarà un gioco da ragazzi.  È la realtà del cosiddetto “Internet of things” in cui tutto verrà connesso a tutto.

Un’anticipazione di questo futuristico orizzonte è già contenuta nella tecnologia denominata Lost e messa a punto dallo staff del professor Davide Dardari del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione (DEI) “Guglielmo Marconi” dell’Università di Bologna, campus di Cesena.

Circa un anno fa il team del prof. Dardari ha vinto un bando internazionale targato Esa (Agenzia spaziale europea) insieme ai colleghi belgi dell’Università Cattolica di Louvain (UCL), sbaragliando tutti i concorrenti provenienti dal resto del mondo.

L’attività di ricerca svolta presso il Dei è stata coordinata dal prof. Davide Dardari in collaborazione con i proff. Alessandra Costanzo, Aldo Romani e Diego Masotti, e con il contributo fondamentale dei giovani ricercatori Davide Fabbri, Anna Guerra, Nicolò Decarli, Marco Fantuzzi e Jurgis Alessandrivikus.

Lo scorso 6 dicembre presso la sede olandese dell’Agenzia spaziale europea, il team ha dato validato con successo il “LOST” (Localization of objects in space through RF tags). Il  sistema di localizzazione radio passivo è stato testato in presenza dei responsabili Esa, presso il laboratorio di automazione e robotica (vedi fotografia).

L’obiettivo dei ricercatori era quello di studiare tecnologie radio in grado di localizzare, con precisione centimetrica, etichette senza batterie (tag) all’interno della stazione spaziale internazionale. La stazione spaziale è abitata continuativamente dal 2000 e si trova in orbita sopra le nostre teste a 330 km di altitudine e ad una velocità di oltre 27 mila chilometri. Lassù una qualunque attrezzatura potrebbe fluttuare ovunque a causa dell’assenza di gravità. Ogni minuto perso dagli astronauti per la loro ricerca può costare migliaia di euro. Recentemente un dispositivo è stato ritrovato dopo tre mesi da quando se n’erano perse le tracce.

I requisiti forniti da Esa erano molto stringenti dato che il sistema radio deve operare in condizioni critiche, quali la presenza di ostacoli, metallo e quindi numerose riflessioni dell’onda elettromagnetica. Di qui la necessità di lavorare in rete con competenze tra loro diverse e altamente specializzate come, per esempio, la progettazione di algoritmi avanzati per l’elaborazione dei segnali e comunicazione radio, tecniche efficienti di energy harvesting, antenne a banda ultra larga ed elettronica a bassissima potenza.

Il sistema sviluppato dall’eccellente team del Campus di Cesena trasferisce via radio energia ai tag che, una volta energizzati, inviano una sequenza codificata di impulsi a banda ultra larga verso l’infrastruttura che li acquisisce, elabora e stima la posizione del tag con precisione del centimetro sulla base delle misure del tempo d’arrivo dei segnali stessi. Il progetto è durato circa 18 mesi.

Facile immaginare i risvolti estremamente interessanti dell’applicazione della futuristica tecnologia ai fini di una applicazione terrestre se si pensa a tutto il sistema degli stoccaggi e della logistica di magazzino.

Dardari, professore associato all’Università di Bologna e Research Affiliate al Laboratory for Information and Decision Systems (LIDS)  presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di  Cambridge,  è un cervello italiano rimasto in Italia. Un talentuoso. Per esempio si devono a lui e ai suoi due fratelli, Francesco e Marco, i primi videogiochi italiani. Tra i più famosi  Over the net, gioco di beach volley, e World cup 90 che sbancò in occasione dei mondiali del ‘90. Una vicenda di eccellenza che verrà data alle stampe all’interno di un libro di imminente uscita sulla storia dei videogiochi a cura di Matteo Tarantino e Simone Tosoni.

Mariaelena Forti