Una giornata a Barbiana sulle tracce di don Lorenzo Milani

Intensa giornata, quella appena trascorsa, per il gruppo di cesenati che hanno aderito all’invito della Caritas diocesana di andare a Barbiana (Firenze) sulle tracce del priore don Lorenzo Milani.

Nella foto qui sopra, la chiesa e la canonica di Barbiana come si presentano a chi arriva a piedi lungo l’unica strada/sentiero che si inerpica fino a oltre 400 metri di quota. 

Sono stati tanti i ricordi portati da Annalisa, classe 1954, che da anni segue la vita che ancora scorre nei luoghi vissuti dal 1954 al 1967 da don Milani e dai suoi ragazzi. Quelli che lui chiamava “i miei bambini, i miei figlioli”.

Quando il giovane sacerdote arrivò a Barbiana, a poco più di 400 metri sul mare, in pieno Mugello, in alcune case sparse vivevano a Barbiana 136 abitanti. Erano tutte famiglie di mezzadri. Con Giulia e la figlia Eda, che erano con lui a Calenzano (entrambe sono sepolte nel minuscolo cimitero di Barbiana, assieme a Michele Gesualdi, uno dei primi sei bambini di don Milani), il giovane prete dà vita a una scuola per 12 ore al giorno in 365 giorni all’anno. Si dedica ai bambini del 1945, sei in tutto, che avevano terminato le elementari. È una scuola di avviamento professionale industriale. “Lì si impara facendo – fa presente Annalisa -. Non ci sono voti, programmi, lavagne, cattedre. I libri se li costruiscono da soli, sulle domande dei ragazzi. Si studiano quattro lingue straniere: tedesco, francese, inglese e arabo, ascoltando dischi e imparando dagli istruttori di nuoto, durante l’estate, sempre uno diverso”.

Col tempo i suoi ragazzi saranno in tutto 42. Di questi ne sono morti tre, tra cui Michele Gesualdi che per dieci anni è stato presidente della provincia di Firenze. Tutti si sono dedicati al sindacato. 

“È un’esperienza unica e non esportabile – mette in chiaro Annalisa davanti a una platea eterogenea di una quarantina di persone – che si fondava su 5 pilastri. Il primo: ognuno ha diritto alla verità. Il secondo: spazio alla cultura per poter padroneggiare la parola. “Ogni cosa che non capite oggi è un calcio in culo che prenderete domani”, diceva don Milani. Terzo: il tempo che non si può sprecare: È da impiegare per leggere, per studiare, per conoscere. Quarto: no alla rassegnazione. Quinto: l’amore. Ha amato i suoi bambini più di ogni altra cosa, più di Dio, diceva lui”.

“Se non si può esportare il modello della scuola di don Milani, questi cinque valori li potete fare vostri”, conclude Annalisa che poi mostra l’officina e la chiesa, dove poi il gruppo dei cesenati, guidato dal direttore della Caritas diocesana Ivan Bartoletti Stella con la moglie Floriana, ha partecipato alla Messa dei santi presieduta dal vescovo Douglas. Don Milani non è ancora santo e chissà se lo sarà mai, ma è un esempio cui ispirarsi per quanti vengono a conoscenza della sua opera. 

La visita al cimitero, sulla cui tomba nel 2017 ha pregato anche papa Francesco, ha chiuso il cerchio di una giornata all’insegna dell’essenziale e di ciò che ha valore, come insegnava il priore di Barbiana, un maestro il cui motto I care è noto in tutto il mondo.

In questa foto qui sopra, il gruppo dei cesenati con il vescovo Douglas in preghiera sulla tomba di don Milani

Il motto I care affisso a Barbiana. La foto è stata scattata oggi