Visita ad limina. La lezione di papa Francesco: in mezzo al gregge, nonostante tutto

Vescovi dell’Emilia Romagna in visita ad limina. E in udienza, questa mattina, in aula Nervi, da papa Francesco che si presenta puntuale. La grande sala intitolata a Paolo VI è colma di fedeli che vengono da diverse parti del mondo. Molti arrivano anche dalle Diocesi della nostra regione, proprio a motivo della visita dei presuli presso Bergoglio e i dicasteri vaticani iniziata lunedì scorso. (cfr pezzo a lato)

Francesco non sta bene e si vede in breve. Due giorni fa ha annullato l’udienza riservata ai confratelli nell’episcopato (è in programma domani mattina) e oggi avvisa subito che a motivo dell’influenza che ancora non lo molla, farà leggere la catechesi, per risparmiare forze e voce.

La riflessione odierna è su invidia e vanagloria. Ce n’è per tutti, anche per noi, per avere coscienza di ciò che siamo e non pensare mai di essere chissà chi. Francesco cita il noto brano di san Paolo ai Romani che noi pubblichiamo sotto la testata: “gareggiate nello stimarvi a vicenda”. Per le tante invidie e piccole guerre che ogni giorno si vivono nella Chiesa e anche nelle nostre comunità locali una lezione di non poco conto. Da cogliere al volo e da portare a casa, come lascito di questa discesa a Roma in un’occasione importante.

Il Pontefice appare affaticato. Si regge a fatica. Si fa aiutare nel salire e nello scendere dalla sedia a rotelle. Non legge il discorso, scruta l’orologio per capire quanto tempo ancora gli rimane di questa ennesima fatica, ma poi si rianima quando incontra centinaia di persone per foto e saluti personali che proseguono a lungo dopo i discorsi ufficiali.

A chi lo segue dalla balconata sembra il solito Francesco. Il contatto diretto con la gente è un balsamo per lui, abituato a stare in mezzo al gregge piuttosto che a intrattenersi per discorsi e saluti di rito. La pazienza che mette in campo è un’ennesima lezione di umiltà da parte di questo Papa venuto dalla fine del mondo.

I saluti con numerosi gruppi non finiscono più. Francesco ha una parola per tantissimi. Stringe mani, si fa immortalare per le foto ufficiali e per infiniti selfie. Non disdegna i regali, distribuisce rosari, imparte benedizioni. Si fa abbracciare da piccoli e grandi, da suore e seminaristi, sposi e giovani, calciatori e commercialisti, aviatori e coristi. È il solito tripudio di vita della Chiesa, quella fatta dal corpo mistico di Cristo. Quella in cui ciascuno porta il suo vissuto e chiede di essere accompagnato lungo la via, alla maniera dei discepoli di Emmaus.

L’umiltà. Papa Francesco la proclama e la testimonia, ogni giorno, anche con la sua salute malferma, ma non molla di un centimetro. Lui sta in mezzo al gregge, a volte un po’ avanti e un po’ indietro, come raccomanda spesso a chi gli chiede la missione di preti e vescovi. Questa è la Chiesa di questi nuovi anni, un ospedale da campo che si fa prossima all’uomo e alle donne di oggi, troppo spesso isolati e dimenticati. Francesco ha un’attenzione per ciascuno, come racconta il brano del Vangelo dedicato all’emorroissa. “Chi mi ha toccato?”. Così fa Bergoglio, nonostante l’influenza che lo penalizza e le forze che ogni giorno sembrano sempre meno. Ma lui, quelle che ha, le mette tutte a disposizione, come talenti da moltiplicare.

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