Vittorino Andreoli su Ilario Fioravanti: “La sua forza era la fragilità”

«Ilario Fioravanti era un creativo per natura». Lo ha detto il noto psichiatra Vittorino Andreoli, amico dell’artista, all’evento di chiusura della mostra “Ilario Fioravanti. Architettura come Arte” ieri al Palazzo del Ridotto a Cesena. Durante il pomeriggio è stato presentato il libro, fresco di stampa (Sagep, Genova 2024), che porta lo stesso titolo del percorso espositivo, a cura di Stefania Rössl, Annalisa Trentin e Ulisse Tramonti. Il volume, oltre a quelli dei curatori, raccoglie contributi di Massimo Pulini, Lucia Corrain, Rosaria Martellotta, Pasqualino Solomita, Serena Orlandi, Chiara Ciambellotti, Enrico Mambelli, Alice Aloisi, assieme alle fotografie di Guido Guidi, Michele Buda, Francesco Raffaelli e Massimo Sordi.

Alla presentazione sono intervenuti, fra gli altri, l’assessore cesenate alla Cultura Carlo Verona, Claudia Collina del settore Patrimonio culturale della Regione e Fabrizio Apollonio, direttore del Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna. Adele Briani, moglie di Fioravanti, nel suo saluto ha ringraziato quanti hanno collaborato alla realizzazione della mostra e del volume: «l’Amministrazione comunale, la Regione, l’Università e mia nipote Diletta Tosi», concludendo con un «Evviva i giovani!», visti i tanti studenti di Architettura presenti in sala.

«Conoscere la personalità dell’autore è importante per raccontarne l’opera – ha detto Vittorino Andreoli all’inizio del suo intervento -. Ho conosciuto Ilario Fioravanti in modo relazionale, negli ultimi anni della sua esistenza. Eravamo due vecchi che si dovevano raccontare una vita». Dell’artista, Andreoli ha riportato due frasi per poi approfondirle: “Creare è un impegno forte e persino una sofferenza, ma una sofferenza che porta gioia” e “Sono un uomo incerto. Credo di credere. Sono fragile. Ho paura. Ho bisogno di qualcuno che stia attorno a me”.

«Fioravanti non riusciva a stare fermo – ha sottolineato lo psichiatra -. Era un creativo per natura. Non era interessato alla fama e al denaro. La sua priorità era fare, costruire il suo mondo, anche con l’architettura. Aveva bisogno di creare ogni giorno per vincere la paura di vivere».

Andreoli ha poi sottolineato la “romagnolità” di Fioravanti: «Era profondamente radicato in questa terra. Non amava spostarsi. La Romagna in quegli anni era straordinaria: c’erano Federico Fellini, Tonino Guerra, il centro Pio Manzù e don Oreste Benzi. Tutti “matti” che sognavano un mondo diverso dalla realtà».

Per lo psichiatra, la forza dell’artista «era la fragilità, che non è sinonimo di debolezza, ma la consapevolezza del limite dell’uomo di fronte al mistero. Ilario aveva una percezione del sacro straordinaria. Realizzò numerosi Crocifissi, Natività, Compianti, Madonne. Si sentiva anche vicino alla povera gente. Il suo Compianto “laico” delle Putaske, in cui donne di strada circondano il corpo di Cristo, è un’opera straordinaria».

Andreoli ha poi ricordato che «essenziale per la vita di Fioravanti fu la figura della madre. Lavorava in una fabbrica di mattoni e portava il piccolo Ilario sul gretto dei fiumi a estrarre la terra bagnata. Da lei imparò a lavorare la creta». Una figura ideale che cercava in tutte le donne e che ritrovò in Adele Briani «che per lui fu moglie, ma anche madre». L’amore, ha concluso lo psichiatra, «è l’incontro di due fragilità che si aiutano a vicenda a vivere ogni giorno in questo mondo».

Di seguito, la fotogallery a cura di Sandra e Urbano fotografi (Cesena).

httpss://www.flickr.com/photos/corrierecesenate/albums/72177720315176425

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