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Funerale di Romano Colozzi. I pensieri di don Ernesto Giorgi e della figlia Maddalena

Il sacerdote parla di "testimonianza" nell'attività politica come forma di servizio e di carità verso tutti. "Non riusciamo a immaginare la vita senza di te, eppure c'è già", dice la figlia Maddalena a nome della famiglia

Don Ernesto Giorgi mentre legge il suo ricordo. Foto Pier Giorgio Marini

Come annunciato dal vescovo Douglas nell’omelia (cfr pezzo in “Leggi anche”), prima della benedizione finale l’amico di Romano Colozzi, monsignor Ernesto Giorgi, ha letto un ricordo partendo dall’esperienza di Gs, Gioventù studentesca, fin dagli inizi, e ha fatto anche i nomi di don Lino Mancini e don Ezio Casadei che a Cesena furono tra i fondatori di Comunione e liberazione. Don Ernesto cita gli incontri denominati raggio, negli istituti tecnici, per i quali Romano si era reso disponibile come responsabile. Un’esperienza, quella di Gs, che sfociò in Comunione e liberazione.

La decisione di fare il prof e poi il politico

“La tua scelta universitaria e professionale di fare l'insegnante – prosegue il sacerdote - è stata il segno di una disponibilità e obbedienza al movimento che fin da allora indicava nella scuola il punto nodale del progetto educativo delle nuove generazioni. Ma la tua passione vera, oltre a quella della costruzione della tua famiglia, è stata quella della responsabilità politica dei cattolici nella società”.

Prima l’esperienza durata 15 anni come consigliere comunale, dal 75 al 90. Poi la novità del Movimento popolare nel “tentativo – sottolinea il don - di tenere aggregati i cattolici attorno alla nuova identità culturale. L'irripetibile esperienza del mensile il Savio, purtroppo sopravvissuta solo per quattro anni e il tuo passaggio a consigliere regionale dell'Emilia Romagna sono la testimonianza della tua dedizione all'attività politica come forma di servizio e di carità verso tutti”.

Poi la malattia e ora un angolo di paradiso

Questa dedizione “ha trovato – aggiunge monsignor Giorgi - il suo culmine nei lunghi anni spesi a collaborare alla gestione di una regione complessa e decisiva come la Lombardia nel tentativo di dare, come cittadini ferventi, un’impronta di servizio al territorio. Finita quell'esperienza, ti sei provato ad affrontare assieme alla tua Ombretta (la moglie, ndr) e alla tua famiglia l'esperienza della malattia”.

Don Ernesto ricorda anche il rammarico per il venir meno di una certa passione politica. “Non più tardi di quest'estate – prosegue - durante la vacanza estiva, mi hai chiesto di parlarne per capire in che modo potevi ancora dare il tuo contributo di esperienza e di giudizio pur nelle condizioni di salute limitate. Ed eravamo d'accordo, posso dire, che era prioritario il tuo lavoro per ridestare anche nel movimento sensibilità e attenzione alla partecipazione politica”.

L’ultimo accenno del sacerdote è a una possibile partita a carte, in un angolo di paradiso, dice commosso, “sotto lo sguardo di Gesù, tu, la Paola, don Ezio e Piero Fantini fate la vostra partita a maraffone, senza litigare. Ciao, Romano, prega perché anche noi possiamo raggiungerti”.

La testimonianza della figlia

“Non eravamo pronti – dice la figlia Maddalena che al termine della celebrazione prende la parola dopo il professor Mengozzi -. Ma non si è mai pronti”. 

La vita con te un viaggio meraviglioso

“Sei stato incredibile – aggiunge -. La vita con te è stata sempre un viaggio meraviglioso, inaspettato, profondo, divertente e serio. Eri un punto di riferimento. Ci hai guidato giorno dopo giorno con il tuo amore senza confini. Eri un uomo buono, saggio, simpaticissimo, onesto, generoso, di un'intelligenza acuta e di una fede radicata e radicale”. 

“Ci ricordiamo così tanto di te e speriamo non sparisca nulla – prosegue Maddalena -. I giri in bici, l'incanto delle vacanze a San Candido, quel guardare i temporali e sfidarci a minigolf, le sere sui divani. Le serate tue con la mamma. Voi due, così uniti, sempre, innamorati, anche nella distanza degli anni a Milano, e soprattutto nelle sfide della vita”. 

Leggevi ogni libro possibile su Gesù. Pregavi tanto

Sono tantissime le immagini nella memoria. “Le chiacchierate, le solite battute ripetute da un'eternità, il solletico, i giochi di quando eravamo bambini, il senso di protezione dentro il tuo abbraccio, il tuo tagliere, i cappelletti, i passatelli, l'immancabile tenerina e il crème caramel, il tuo ragù, le tagliatelle e le nuove ricette. Avevi dentro una molteplicità di sfaccettature. Leggevi Ratzinger, Giussani, ogni libro possibile su Gesù, pregavi tanto. Amavi la politica come servizio e bene comune. Adoravi anche andare dai contadini a comprare la frutta e la verdura o guardare il lavoro dei falegnami perché tu sei sempre stato un po' semplice. E ci hai regalato il tuo sguardo così bello sul mondo”. 

Ci eravamo già salutati

La forza della famiglia. "Tratteniamo tutto ciò che ci ha insegnato, soprattutto il fatto di essere grati al Signore – ricorda la figlia - e contenti di tutta la grazia che ci investe ogni giorno, di non guardare a ciò che manca, di appartenere a un popolo e non stare soli e poi di preservare sempre l'unità della famiglia, di amarsi tra fratelli e aiutarsi. Lo desideravi tanto, lo spettacolo di un'unità vera tra noi e in questi giorni in cui tu sei stato in punto di morte, questa forza della famiglia l'abbiamo vista e vissuta. Ci eravamo già salutati per il primo Covid e tu in quell'occasione avevi detto che non eri pronto a lasciarci e abbiamo avuto una proroga, come ti ha ricordato un monaco amico”. 

Rimane sempre difficile il distacco. “Non riusciamo a immaginare – conclude Maddalena - la vita senza di te, eppure già c'è, e ci chiede di non sprecarla e di amarla profondamente. Sei stato un dono meraviglioso e la tua lunga malattia non è mai stata un'obiezione. Avremmo voluto forse un ultimo consiglio, un'ultima chiacchierata, un ultimo abbraccio, ma la realtà è che tanto non saremmo mai stati capaci di lasciarti andare”.

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