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Il professor Mengozzi interviene sulla torre bizantina

"L’invitante foto di Pier Giorgio Marini e lo stimolo del «Corriere Cesenate» mi hanno sollecitato questa breve annotazione"

Foto Pier Giorgio Marini

L’invitante foto di Pier Giorgio Marini e lo stimolo del «Corriere Cesenate» mi hanno sollecitato questa breve annotazione.

Chi osserva con attenzione l’intrigante manufatto cilindrico, ‘nascosto’ e inglobato in proprietà privata, ubicato fra corte Dandini e via Strinati, non può non registrare immediatamente il forte stridore tra la facies della muratura mattonata a vista e l’aggettivo “bizantina” che accompagna da sempre questa torre. Di per sé la qualificazione conduce a Ravenna e ai secoli VI-VII (pensiamo alle torri campanarie di Sant’Apollinare Nuovo e Sant’Apollinare in Classe; o a taluni campanili di pianta circolare nella tipologia delle cosiddette pievi ravennati: Santa Maria in Fabriago, Lugo; San Martino in Calisese, Cesena, nella base originaria): dunque a una datazione alta, difficilmente compatibile con il nostro laterizio. Del resto neppure la documentazione più antica reca memoria di un edificio ecclesiastico in quel sito e la totale assenza di attestazioni induce al sospetto. A questo punto non resta che la strada di una tarda realizzazione, vagamente ispirata all’archetipo ravennate, forse motivata anche da esigenze di spazio, volontà dimostrativa (segno di potenza), valenza simbolica (il cerchio richiama la perfezione e dunque Dio) e ispirazione dotta: infatti l’adiacente dimora nobiliare (come mi segnala Claudio Riva, che ha in cantiere una ricerca storica specifica) appartenne alla famiglia del cardinale Pier Francesco Galeffi e di quel casato il palazzo acquisì titolo, fino a divenire storica sede del Pri. Il Galeffi (1770-1837), figlio del conte Vincenzo e della contessa Violante Fantaguzzi, in stretti rapporti con i Braschi di Pio VI, compì i primi studi dai Francescani di Cesena, sotto la guida di fra’ Bonaventura Gazola (1744-1832, in seguito vescovo di Cervia, Montefiascone e Corneto, quindi cardinale), per poi giungere a Roma, lì essere ordinato e avviato alla lunga e importante carriera nella Curia; fu vescovo di Albano, abate di Subiaco e arciprete della basilica di San Pietro.

In attesa di esiti delle ricerche, il lettore interessato può reperire una breve scheda sul pressoché ignoto monumento nel volume di Franco Spazzoli, Cesena curiosa, Cesena, Società Editrice «Il Ponte Vecchio», 2015, pp. 13-14 (con foto), che il nostro settimanale recensì a p. 16  nel n° del 28 gennaio 2016.                               

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