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Ursula Hirschmann, madre fondatrice dell’Europa

Fu tra gli estensori del Manifesto di Ventotene

Foto d'archivio

Oggi ricorre l’anniversario della nascita di una grande donna, la tedesca Ursula Hirschmann, ricordata come madre fondatrice dell’Unione europea.

Nata a Berlino il 2 settembre 1913 da una famiglia benestante di origine ebraica, fu sedotta dalla politica fin dalla giovinezza quando ancora frequentava la facoltà di economia. Ferma oppositrice del regime nazista, dovette abbandonare la Germania e trovare rifugio in Francia. Qui ebbe modo di frequentare l’italiano Eugenio Colorni che sposò nel 1935 e dal quale ebbe tre figli.

Nel 1939 il marito fu confinato nell’Isola di Ventotene, luogo nel quale, dinanzi al disastro e alle oscenità della guerra, maturò a poco a poco l’ideale di un’Europa pacifica, solidale e unita. È così che nel 1941 venne elaborato un documento di notevole importanza per il futuro e la storia delle nazioni europee: Il Manifesto di Ventotene.

Gli autori di questo testo, il cui titolo originale, Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto, è indicativo delle reali intenzioni degli intellettuali che lo redigerono, furono Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, il Colorni e la stessa Ursula Hirschmann.

L’azione di quest’ultima fu fondamentale per diffondere il manifesto e il suo contenuto al di fuori della piccola isola. Divenne ben presto collaboratrice del giornale clandestino “L’Unità Europea” che esiste ancora oggi ed è diventato, poi, il periodico ufficiale del Movimento federalista europeo. Contribuì all’organizzazione della prima riunione del Mfe che si tenne nella città di Milano nell’agosto del 1943.

Con il passare del tempo, la sua vita coniugale con Colorni entrò in un periodo di difficoltà e si avvicinò ad Altiero Spinelli che sposò in seguito alla morte del primo coniuge, avvenuta a Roma nel 1944.

Nel 1975 istituì il movimento Donne per l’Europa, spinta dal desiderio ardente di coinvolgere maggiormente le donne nella vita politica del nostro continente e, come sostiene Luisa Passerini, con la ferma “convinzione che le donne avessero un forte interesse per un’Europa unita e potessero contribuire a costruire una federazione ispirata agli ideali di libertà e giustizia sociale”. Questa associazione era partecipata “in buona parte” da “mogli di euro-burocrati, alcune delle quali, come la stessa Hirschmann, erano insoddisfatte di vedere le loro attività limitate al ruolo di moglie, dato che in precedenza erano state coinvolte nella vita politica a vari livelli”.

In un periodo come quello attuale, in cui i valori costitutivi della Comunità europea, richiamati anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sono costantemente messi in discussione, vale la pena ricordare figure esemplari come la Hirschmann, che hanno dedicato la loro intera esistenza per far sì che periodi bui della storia, uno su tutti la Seconda guerra mondiale, non si ripetessero mai più.

A riassumere, interamente, il suo pensiero ci pensa un estratto del libro Noi senzapatria, raccolta personale di memorie data alle stampe nel 1993 due anni dopo la sua morte. Qui evidenzia il suo forte legame con l’Europa, che ella considerava a tutti gli effetti la sua casa: “Non sono italiana, benché abbia figli italiani, non sono tedesca, benché la Germania una volta fosse la mia patria. E non sono nemmeno ebrea, benché sia un puro caso se non sono stata arrestata e poi bruciata in uno di quei forni di qualche campo di sterminio. Noi déracinés dell’Europa che abbiamo cambiato più volte di frontiera che di scarpe, come dice Brecht – questo re dei déracinés – anche noi non abbiamo altro da perdere che le nostre catene in un’Europa unita e perciò siamo federalisti”.

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