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L'analisi economica

La guerra spinge i prezzi e le povertà. Famiglie chiuse in difesa

Peggiorerà lo scenario sfavorevole per le famiglie indebitate a tasso variabile, per chi ha necessità di nuovi prestiti, per chi sta cercando lavoro

foto Afp/Sir

Ci sarà un altro aumento dei tassi di interesse, già dal 15 dicembre e probabilmente – stimano gli analisti – dello 0,50 per cento. Peggiorerà lo scenario sfavorevole per le famiglie indebitate a tasso variabile, per chi ha necessità di nuovi prestiti, per chi sta cercando lavoro. Non sarà una buona notizia neppure per chi ha risparmi da investire perché nessun miglior rendimento, a rischio contenuto, potrà annullare l’effetto devastante di un’inflazione che marcia al ritmo annuo del 10 per cento e oltre.

L’aumento dei prezzi è generalizzato, non solo italiano ed europeo, ed è per questo che le banche centrali (dalla Banca centrale europea alla Federal reserve americana) stanno alzando ovunque i tassi di interesse, cioè il costo del denaro dato in prestito dalle banche centrali alle banche commerciali e da queste ai clienti. Le banche centrali hanno l’obbligo di intervenire a difesa del valore della moneta, quindi alzare i tassi di interesse quando l’inflazione brucia capacità d’acquisto. Soprattutto per chi non ha la possibilità di reintegrare gli introiti reali.

Dall’altra devono favorire uno sviluppo armonico delle economie. La Bce viene accusata di usare troppo il freno (0,75 per cento nell’ultimo intervento), non indicare esattamente gli obiettivi e di mandare in tilt le economie, lasciandole scivolare in recessione (quella definita tecnica scatta dopo due trimestri di Pil, Prodotto interno lordo, negativo). Quindi in un’economia senza crescita e con passi indietro. La concatenazione degli eventi è stata impressionante: quasi tre anni di pandemia con intensità devastante o comunque forte, con la necessità di attivare risorse; crisi dei canali di trasporto internazionali che hanno aggiunto costi logistici e infine la devastante invasione in Ucraina che pure provoca morti, dolore, tensioni internazionali. E devastazioni economiche sulle merci e sull’energia, dove la speculazione ci aggiunge del suo.
Cosa possono fare le famiglie? Buona pratica sempre, e più che mai ora, è non sprecare. Cibo, energia e acqua, soldi, salute e tempo. Valori utili al proprio nucleo ma anche ad altri nella cerchia familiare, nel condominio e nel quartiere. Anche donare tempo ha un valore economico e sociale che aiuta chi ha bisogno e magari minore mobilità.
Per quanto riguarda il denaro il buon uso non deve portare a ridurre o annullare gli investimenti sui figli, sulla salute, non si può rinviare per sempre la sostituzione di un elettrodomestico malfunzionante o di un’auto pericolosa per sé e per gli altri. Gli italiani rimangono buoni risparmiatori per prudenza (“Non si sa mai cosa può succedere”) o per un’avversione culturale al debito. Le statistiche come sempre fotografano un insieme dove il colore rende meno cupo il buio. Da una parte c’è chi è riuscito a risparmiare anche in un contesto difficile. Dall’altra la Caritas italiana ha indicato per il 2021 in 5,6 milioni (1,4 milioni i bambini) il numero degli italiani in povertà. Con poche speranze di ribaltare, con incentivi allo studio e al lavoro, la povertà educativa ed ereditaria. L’aumento dei tassi antinflazione e la possibile recessione non aiutano l’occupazione, i consumi calano e le scelte di investimento delle imprese vengono rinviate. Tutti chiusi in difesa.

Fonte: Sir
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La guerra spinge i prezzi e le povertà. Famiglie chiuse in difesa
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