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Luigi Rancilio (Avvenire): “Giornalisti, sicuri che il nemico sia proprio l’intelligenza artificiale?”

Dove sta la verità? “Anzitutto che la sfida è reimmaginare il modo in cui viviamo e lavoriamo”, spiega il giornalista

Nella foto, il giornalista di Avvenire, Gigio Rancilio, al convegno Ucsi di Bologna del 24 ottobre scorso

Copia-incolla, violazione del copyright, il clickbait (l’attirare click con titolazione ad effetto), l’infodemia e lo sfruttamento lavorativo. E le copie cartacee calano: segnali di una lunga e lenta estinzione del giornalismo cartaceo, spiega il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Silvano Ramunno.

Rancilio (Avvenire): "Il copia-incolla ha ucciso il giornalismo"

“L’intelligenza artificiale non è magia. È matematica. Non è intelligente: copia”. Oltre i miti e le leggende sull’IA, Gigio Rancilio, social media manager di Avvenire, propone un bagno di realtà alla platea di giornalisti (e non solo) del corso di formazione “Intelligenza artificiale, il pensiero, i linguaggio”, che si è tenuto ieri mattina al Palazzo della cooperazione a Bologna organizzato dall’Ucsi Emilia-Romagna con l’Ordine dei giornalisti.

“L’IA trova un senso pescando dal senso dei dati con cui è stata addestrata. Non è intelligente, copia, ma siccome lo fa con una velocità incredibile ci stupiamo. Di fronte a questa innovazione non dobbiamo avere né paura né entusiasmo. Cerchiamo di fare i giornalisti”, esorta. Per Geoffrey Hinton, esemplifica Rancilio “avrà conseguenze imprevedibili e pericolose, potrebbe alterare il mercato del lavoro”. Per Dario Amodei, “ha la capacità di comprimere decenni di progressi, può rimodulare la società in modo positivo ma può anche ingannare o sabotare gli utenti”.

Dove sta la verità? “Anzitutto che la sfida è reimmaginare il modo in cui viviamo e lavoriamo”, spiega il giornalista. Ci sono rischi, come le scorciatoie, anche mentali, che ci portano a fare domande sempre più banali, a leggere sempre meno. In più ci sono “allucinazioni”, pregiudizi, falsi, l’incapacità dell’IA di dire “non lo so” che possono fare danni. Ma “il problema è nato prima – fa notare Rancilio -. Con l’arte del copia-incolla abbiamo cominciato a uccidere il giornalismo. Ma non solo: la violazione del copyright, il clickbait (l’attirare click con titolazione ad effetto), l’infodemia e lo sfruttamento lavorativo dei giornalisti. L’IA ci fa abbassare il livello di cura e attenzione per il nostro lavoro? Ma erano già scesi”.

L’intelligenza artificiale usata invece come assistenza, con istruzioni precise, può essere utile anche nel giornalismo: “Se io non so cosa chiedergli all’IA, non mi aiuta”.

Il tema è quello della ricerca e “produzione” di dati. Nel 2026 non ci saranno più dati per alimentare l’IA, se ne produrranno di “sintetici”. “E già oggi il nostro lavoro diventa i dati sui quali l’IA lavora. In pochi anni la maggior parte dei contenuti sui social saranno prodotti da creatori digitali. Ma se ci viene sottratta tutta questa creatività, a noi cosa resta? Bisogna studiare, re-inventarsi. Per usarla l’IA bisogna spendere e studiare”. 

Ma, alla fine, “è proprio l’IA la nostra vera nemica? – si chiede Rancilio -. Non sono piuttosto i giornalisti sempre meno pagati, che fanno sempre di più con meno cura, inseguono i social. O ci diamo una svegliata, cercando di essere cani da guardia gli uni degli altri, o non ci sarà un futuro. Ma c’è un altro attore da mettere in campo, conclude: “Se non abbiamo con noi la controparte degli editori saremo solo un fastidio, un costo, qualcosa da scardinare per avere le mani più libere”.

Ramunno (Ordine dei giornalisti): "Il nostro lavoro è mettere a fuoco l'interesse comune e il bene pubblico"

Segnali di crisi se ne vedono già parecchi, spiega il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Silvano Ramunno: “Oggi si vende un milione e 100 copie giornali al giorno. E le previsioni a un anno è quella di scendere sotto il milione. Sono segnali di una lunga e lenta estinzione del giornalismo cartaceo, mentre le piattaforme on demand superano i 22 milioni di spettatori. Alle news si dedicano, in media, due minuti al giorno”. Numeri che cambiano anche il mondo del comunicazione secondo due trend ormai consolidati: dall’informazione all’intrattenimento e con una spiccata tendenza alla polarizzazione. 

“I media si sono anche trasformati da una logica di spazio/luogo a una di flusso. Prima la selezione la facevi con un criterio deontologico, che oggi è completamente saltato. Si sta scardinando il nostro sistema deontologico, il nostro sistema di valori. Occorre capire se quello è l’ambiente giusto dove fare fare giornalismo”.

E farsi domande più profonde: “Se il giornalismo è solo produzione di contenuti – dice il presidente dell’Ordine – non ce la possiamo fare. Se è dare notizie che hanno al centro l’interesse comune e il bene pubblico, abbiamo delle carte da giocarci. L’IA non riesce a farlo”. La deontologia giornalistica non parla dell’intelligenza artificiale. Ma nel Testo unico ci sono due riferimenti: l’IA non è un “esimente” delle responsabilità del giornalista e va dichiarata.

In questo contesto, prosegue Ramunno, gli strumenti dell’Intelligenza artificiale sono “utili, ma sempre sotto la supervisione umana”. Insomma, servono ancora le persone. O per dirla con Ryszard Kapuściński, “il cinico non è adatto a questo mestiere”.

Luigi Rancilio (Avvenire): “Giornalisti, sicuri che il nemico sia proprio l’intelligenza artificiale?”
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