Editoriale
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Ultima chiamata

Serve un grande piano di prevenzione e di messa a regime che metta tutti d’accordo. Non c’è destra e non c’è sinistra. In ballo c’è la vita dei cittadini che abitano questa meravigliosa terra che lancia il suo grido d’allarme

Ultima chiamata

Sull’alluvione continuano le bordate politiche. Gli scontri si susseguono e gli esponenti di Regione (centrosinistra) e Governo (centrodestra) non perdono occasione per scambiarsi accuse.

Da una parte (dal centrodestra) si grida all’inerzia nella manutenzione dei fiumi che spetterebbe al territorio e all’abbandono di valli e borghi per un malinteso interesse per l’ambiente. Dall’altra parte (dal centrosinistra) si chiedono a gran voce finanziamenti e piani pluriennali per avviare grandi lavori di messa in sicurezza.

Noi cittadini, in questa stucchevole querelle, rimaniamo in mezzo, sbalorditi e sconcertati. La ravvicinata scadenza per il rinnovo del presidente e del Consiglio regionale scalda gli animi e si trasforma in una campagna elettorale dai toni non tollerabili dopo quattro alluvioni nell’arco di 17 mesi.

Alle due del maggio 2023 si sono aggiunte quella di settembre scorso e quella del fine settimana passato. Quest’ultima ha colpito una zona vastissima della regione, da Cesenatico a Parma, come ha sottolineato la presidente facente funzione, Irene Priolo, lunedì scorso, quando ha fatto il punto sull’ennesima emergenza. Per il surriscaldamento dei mari, per la nostra posizione addossata sugli Appennini, qui si creano vortici dal carattere di ciclone come non ci saremmo mai immaginati.

Gli effetti sono evidenti, ma c’è ancora chi non li vuole vedere. Sarà meglio, crediamo, prenderne coscienza e agire di conseguenza. Con due priorità sulle altre: intervenire nell’emergenza, e al contempo guardare a quanto c’è da realizzare per adeguare canali, sistema fognario, casse di laminazione, dighe, chiuse e deflusso delle acque alle nuove condizioni meteo con cui dobbiamo convivere.

I 150-170 millimetri di pioggia caduti sabato scorso in 4-6 ore non sono smaltibili da strutture tarate per quantità assai inferiori. Se a questo aggiungiamo la cementificazione selvaggia degli ultimi 50 anni, si comprende come l’acqua non penetri nel terreno e si accumuli a valle con rapidità e violenza.

I conti si pagano sempre. Trattiamo male la casa comune in cui viviamo. Non ascoltiamo i segnali che da decenni ci invia e ora ci presenta il conto. Serve un grande piano di prevenzione e di messa a regime che metta tutti d’accordo. Non c’è destra e non c’è sinistra. In ballo c’è la vita dei cittadini che abitano questa meravigliosa terra che lancia il suo grido d’allarme, forse un’ultima chiamata. Sarebbe colpevole non ascoltarla.

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